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Svelate le ultime 25 righe del terzo segreto di Fatima: la spiegazione delle decisioni Var

Ratzinger sapeva ma non disse. Rocchi devoto al verbo “endofederale” del profeta Gravina: gli arbitri non possono parlare, il mondo non è ancora pronto

Svelate le ultime 25 righe del terzo segreto di Fatima: la spiegazione delle decisioni Var
Pope Benedict XVI waves to wellwishers in front of the Cathedral in Erfurt, eastern Germany, on September 23, 2011, on the second day of his first state visit to his native Germany. AFP PHOTO / POOL RALPH ORLOWSKI (Photo by RALPH ORLOWSKI / POOL / AFP)

Quel giorno Joseph Ratzinger non disse tutto. Tenne per sé il segreto. Non tutto, un pezzetto. Svelò al mondo la terza parte della visione di suor Lucia, la veggente depositaria del messaggio della Madonna di Fatima. Ma lei, Suor Lucia, non c’era. Come era assente Giovanni Paolo II. In mondovisione Ratzinger raccontò dell’angelo dell’Apocalisse, con una spada di fuoco nella mano sinistra, del vescovo vestito di bianco che attraversa una città di sangue piena di morti, della montagna, della croce. Concluse la lettura come a mozzare il cammino della verità: i «due Angeli, ognuno con un innaffiatoio di cristallo nella mano, nei quali raccoglievano il sangue dei Martiri e con esso irrigavano le anime che si avvicinavano a Dio», e poi s’arrestò. Fine, disse.

E invece Ratzinger aveva accartocciato, in un risvolto della veste talare, ulteriori 25 righe. S’assunse la pena  – “Penitenza, Penitenza, Penitenza!” – di non divulgare oltre. Perché il mondo non era pronto. Era il 2000. In quelle righe, nella parte nascosta del terzo segreto di Fatima, c’era la Var. D’altra parte Benedetto XVI ammetteva: «Quel poco che so della morale l’ho appreso sui campi di calcio e le scene di teatro, le mie vere università».

Il mondo però è cambiato. Ha superato una pandemia. Forze centripete quasi inarrestabili strattonano chi sa, gli intimano di parlare. Gli arbitri, ordunque, sciolgano il mistero: spieghino le decisioni della Var. A loro, ultimi depositari di tale oscuro arcano, è rimasta una striminzita barricata, fatta di giunchi e povere pezze di cotone liso. Il designatore di Serie A e B, Gianluca Rocchi, resiste, accerchiato.

Il 28 febbraio ricorre la celebrazione del martirio di Orsato che nel 2021 andò in tv, a Novantesimo Minuto, sacrificandosi per tutti. Non potendo esporsi troppo su quelle 25 righe, si lasciò scappare la parabola dell’errore sul fallo di Pjanic. Rocchi ancora oggi tergiversa, tituba, si barcamena, differisce e procrastina. A precisa domanda risponde:

«La Var è una materia particolarissima, noi stiamo lavorando per arrivare a questo. Dipenderebbe anche dalle domande, noi vorremo spiegare il perché degli errori ma c’è anche un altro aspetto: fino alle decisioni del giudice sportivo gli arbitri non possono parlare. Ma mi piacerebbe avere un nostro spazio in cui spiegare gli effetti delle decisioni controverse»

Rocchi vorrebbe ma non può. Rispondere sì, ma dipende dal quesito. E come? In che lingua? Aramaico antico o moderno? Sono più di tre anni che gli arbitri cavillano. Rocchi dice che stanno «asciugando la comunicazione per renderla ascoltabile e pubblicabile. La Figc in questo è molto attenta, il presidente Gravina ci ha detto di iniziare quando saremo pronti». L’apostolo Gravina, l’uomo del verbo cripto-divino, quello delle “verifiche”, delle “riflessioni”, del “tema” e del “sistemico”. Il profeta del mondo “endofederale“. 

In quelle 25 righe che Ratzinger tacque per proteggere l’umanità c’era “la comunicazione pulita, fruibile per chi ascolta”.

Quando saremo pronti partiremo”, dice Rocchi. Perché se è vero che “anche nell’errore devo saper spiegare perché si è sbagliato, a volte si prendono decisioni con superficialità o incompetenza, ma mai in malafede“.

Verrà il giorno.

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