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Il New York Times: «Spettatori complici del football horror, siamo affascinati dalla violenza»

Dopo l’infarto di Hamlin in campo: “il pericolo è il cuore pulsante del football. Togli quello e non è più football. I tifosi se ne fregano della salute dei giocatori. Li considerano avatar”

Il New York Times: «Spettatori complici del football horror, siamo affascinati dalla violenza»
CINCINNATI, OHIO - JANUARY 02: Cam Lewis #39 and Siran Neal #33 of the Buffalo Bills react to teammate Damar Hamlin #3 collapsing after making a tackle against the Cincinnati Bengals during the first quarter at Paycor Stadium on January 02, 2023 in Cincinnati, Ohio. Dylan Buell/Getty Images/AFP (Photo by Dylan Buell / GETTY IMAGES NORTH AMERICA / Getty Images via AFP)

Damar Hamlin è ancora in condizioni critiche dopo l’arresto cardiaco in campo e le scene di disperazione del Monday Night del football americano. Il New York Times si interroga sulla vera natura del football, ma soprattutto sul fascino che la violenza intrinseca del gioco provoca nel pubblico. Il titolo dell’articolo è indicativo: “Siamo tutti complici dello spettacolo violento”. 

“Troppo spesso, troppi di noi, me compreso, guardano la Nfl con unn visione ristretta. Ci concentriamo su ciò che possiamo ottenere da queste partite, il divertimento deviante, minimizzando i rischi per quelli come Hamlin che si sono fatti coraggio per sopportare il dolore e affrontare il pericolo insito nel football”.

Il punto è che “lo spettro della distruzione sul campo, ammettiamolo, fa parte di ciò che rende il football un’attrazione così americana. Ci siamo abituati alla sofferenza, assolvendo noi stessi con una versione della narrativa interna: accidenti, quel ragazzo che è appena stato schiacciato ed è rimasto sdraiato sul campo per 10 minuti ha appena fatto il segno del pollice alzato. Starà bene! Ci vorrà un giocatore che sta quasi morendo sulla televisione nazionale per ampliare la nostra visione ed esaminare perché e come guardiamo questo sport?”

“Amiamo le grandi commedie, i ritorni, le storie. In mezzo a tutto il suo caos, l’arte dello sport giocato al suo massimo livello non può essere negata. È facile essere attratti dal potente mix di creatività sinfonica e aggressività. Non è così facile farsi avanti e alzarsi in piedi e ammettere onestamente che ogni partita che guardiamo aleggia sul filo di un rasoio”.

“Durante ogni giocata in ogni partita di quella che è diventata una stagione interminabilmente lunga (17 partite ormai, un’espansione realizzata dalla N.F.L. per puro profitto) gli atleti in campo sono a un passo dall’orrore fisico”.

Il football per il New York Times è “all’apice dello sport americano. È il nostro grande elisir, il festival settimanale dall’autunno all’inverno che riunisce più persone di qualsiasi altro sport. In una nazione divisa, resta una forza unificante, una calamita che attira ogni razza, orientamento e classe”. “Eppure, non possiamo più amare il gioco fingendo di ignorarne i costi. I giocatori non sono avatar o oggetti, ed è così che vengono visti troppo spesso. Sono giovani uomini che stanno mettendo a rischio la loro vita per il nostro divertimento”.

Il “circo va. Deve. Ci sono miliardi di dollari in gioco e la maggior parte dei tifosi non si preoccupa abbastanza del benessere dei loro grandi intrattenitori”. “Come tifosi, potrebbe essere utile se esaminiamo noi stessi, cerchiamo dentro ed esploriamo il motivo per cui lo guardiamo, e perché niente, nessuna sofferenza, ci fa allontanare dal gioco”.

Si possono prendere mille precauzioni, ma “la violenza e il pericolo rimarranno il cuore pulsante del football. Togli quelli e il gioco non è più football”.

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