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Se fossi nato a Varsavia, avrei sempre visto Maradona e Messi sullo stesso piano

Se oggi Diego fosse ancora con noi, sarebbe abbarbicato al collo di Leo, con le lacrime agli occhi. Fuori dal campo le storie sono diverse, in campo no

Se fossi nato a Varsavia, avrei sempre visto Maradona e Messi sullo stesso piano
(FILES) In this file photo taken on June 17, 2010 Argentina's coach Diego Maradona (R) and Argentina's striker Lionel Messi speak after their Group B first round 2010 World Cup football match Argentina versus South Korea at Soccer City stadium in Soweto, suburban Johannesburg. (Photo by Gabriel BOUYS / AFP)

Se fossi nato a Varsavia avrei sempre visto Maradona e Messi sullo stesso piano. A Napoli la faccenda è un pochino diversa.

Certo Diego sarà sempre il figlio prediletto. Ma perché lo abbiamo vissuto da vicino.

Questa “last dance” di Messi con la Seleccion lo fa assurgere all’Olimpo. Senza dubbi. Senza incertezze. Senza fraintendimenti.

Non è necessario misurare le prestazioni singole. La musica del gioco tra i due è la stessa. Beh di giapponesi ancora in guerra ce ne sono e ce ne saranno sempre, ma il paragone tra i due è già diventato post-storicismo.

A nulla varranno i dettagli anche non da poco che verranno fuori in futuro per far vincere l’uno o l’altro di un’incollatura. Oppure chi per sbilanciare il confronto ricorda che Citoro grigliava asado per la Seleccion, mentre il papà di Leo è più “orientato al business”.

Ma la verità è una: se oggi Diego fosse ancora con noi, sarebbe abbarbicato al collo di Leo, con le lacrime agli occhi, nutrendo verso di lui un sentimento di profonda gratitudine, sintetizzando in purezza il sentimento del popolo argentino.

È la prospettiva che ha ingannato sempre i tifosi del Napoli. Il Mondiale di Leo è straordinario. Come lo fu quello di Diego nel 1986. Certo Diego ci è arrivato prima. Ma Leo ci sta arrivando. Nessuna vita è in fotocopia ad un’altra. Diego sapeva di avere meno tempo. Ha vissuto una vita impossibile. Leo si è salvato prima.

Il paragone tra i due fondamentalmente serviva ai napoletani per difendere Maradona, ma soprattutto se stessi, e la distorta narrazione cittadina. Diego serviva a rinfocolare la cronica malattia di dover rendere Napoli centro del mondo in tutto: cucina, tradizioni, sentimenti, sole e con Diego anche nel calcio. Vedere Messi sul tetto del mondo sarà l’ennesima bordata alle convinzioni napolicentriche del popolino, che forse solo sotto Diego è stato popolo.

Certo le storie sono diverse. Ma sul campo sono uguali. Fuori dal campo no. Uno profondamente antisistema, in lotta contro il mondo e le ingiustizie, l’altro andato via da un paese fallito in cerca di una vita migliore già con un contratto in tasca, seppur firmato su un tovagliolo di carta. Parabole diverse che s’incrociano.

Da napolista mi godo il momento, aspettando che l’uomo di Correggio inizi a salmodiare.

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