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Questo calcio è perfetto per l’Italia, Gravina è perfetto per il calcio italiano

A nessuno interessano le regole, nemmeno ai tifosi. La Lega Serie A si batte solo per non pagare le tasse, il ministro Abodi cade sempre dal pero

Questo calcio è perfetto per l’Italia, Gravina è perfetto per il calcio italiano
New President of the Italian Football Federation (FIGC), Gabriele Gravina celebrates following the vote during the elective assembly of the FIGC on October 22, 2018 at the Hilton hotel of Rome's Fiumicino airport. (Photo by Alberto PIZZOLI / AFP)

Qualcuno, molto ingenuamente, ha ancora il coraggio di chiedersi: ora che cosa accadrà? Sarà una nuova Calciopoli? Onestamente si può soltanto sorridere di fronte a queste due domande. La risposta è molto semplice: non accadrà nulla. Vale la pena aggiungere che in Italia, come spesso accade, non c’è una memoria condivisa su Calciopoli. Del resto non c’è per il fascismo e la Resistenza, non si capisce perché debba esserci per imbrogli calcistici. C’è tutta la fascia di tifo juventino – che poi sono l’ossatura dell’Italia – convinti che si sia trattato di un complotto pluto-giudo-massonico-nerazzurro.

Tornando all’oggi, il calcio italiano è spettatore dell’inchiesta della Procura della Repubblica di Torino. E spettatore è un complimento. In realtà il calcio italiano è connivente col sistema. Perché è falso quel che ha dichiarato ieri il presidente della Federcalcio Gravina e cioè che

“Ci sono delle indagini, ci sono delle acquisizioni di atti, la nostra procura è allertata, ma non conosciamo l’esito e lasciamo andare avanti la magistratura ordinaria. C’è comunque un collegamento tra i due rami di giustizia, aspettiamo cosa emerge dal processo e poi facciamo una riflessione sul sistema”.

È falso. Perché il calcio italiano era perfettamente a conoscenza di quel che accadeva. La Procura della Federcalcio (il tribunale del calcio) si è espressa sul sistema delle plusvalenze e ha assolto tutti (Napoli compreso). La giustizia sportiva in Italia è un orpello. Anche nel 2006 si mise in moto solo quando non potrà farne a meno, quando il sistema Moggi esondò dall’alveo calcistico e finì in prima pagina e sui Tg nazionali. Se nessuno se ne accorge, i vertici del calcio difendono sé stessi, le proprie posizioni, i propri privilegi.

Il sistema calcio in Italia se ne frega delle regole. E il menefreghismo viene ostentato. La Lega Serie A – per fare un esempio – sta conducendo una e una sola battaglia: non vogliono pagare le tasse e non vogliono pagare le multe sulle tasse non pagate. Il presidente della Lega Serie A – si chiama Casini – ha pure il coraggio di dirlo. Dice che, se costrette a pagare, alcune società chiuderebbero oppure chiuderebbero i centri sportivi. E quindi? Direbbero a Roma “e sticazzi non ce lo metti?”. Chiudessero. Sarebbe la risposta in un Paese civile. Magari con una sana protesta all’uscita della Lega Serie A, di quelle di una volta in fabbrica. Non accadrà mai. In Italia i tifosi sperano invece che i loro presidenti facciano imbrogli, magheggi, mettano su tutte le truffe possibili e immaginabili. L’obiettivo è vincere. Ripetiamo: è l’Italia. Non dimentichiamo che giornalisti che oggi vanno in tv a spiegarci quel che sta avvenendo, scrivevano elogi del sistema juventino di plusvalenze messo su da Marotta e Paratici.

Quindi se delle regole se ne fregano i tifosi, che poi sono i cittadini, figuriamoci presidenti di club e vertici istituzionali. Come può mai essere considerato socialmente riprovevole il presunto pagamento in nero degli stipendi da parte della Juventus quando è una pratica nazionale comune? D’altronde – per fare un esempio – non ci pare che sia scattato alcun meccanismo di diffidenza nei confronti di Chiellini (non indagato) che di quegli accordi era il garante per i calciatori. Anzi, è conteso dalla trasmissioni tv.

L’Italia è quel Paese in cui in due giorni il presidente della Federcalcio e il ministro dello Sport hanno rilasciato dichiarazioni quantomeno bizzarre. Di fronte all’inchiesta Juventus, alla richiesta di rinvio a giudizio per Agnelli per falso in bilancio, Gravina non ha trovato di meglio da dire che: “Se vogliamo andare sul linciaggio di piazza non è un problema, ma stiamo calmi perché temo che quel tema possa riguardare anche altri soggetti”. Con successiva grottesca precisazione.

Oggi il ministro Abodi ha ripetuto un concetto simile, condendolo di altre dichiarazioni che teoricamente sarebbero interessanti. Ma al fondo l’atteggiamento di Abdi è lo stesso di Gravina, ossia quello dell’ospite d’onore, di chi scende dal pero. Abodi è stato nominato ministro dello Sport e in poche settimane abbiamo scoperto che non sapeva che gli stadi italiani sono sotto il controllo assoluto degli ultras che possono anche ordinare l’evacuazione di interi settori; e non sapeva nemmeno che i controlli nel calcio italiano sono all’acqua di rose. È un ministro piuttosto distratto, per dirla alla De Andrè. Ne sa quanto il nostro cane, almeno per ora. In tanti, ben introdotti, dicono che è persona seria e riformerà il calcio. Francamente l’inizio non ci sembra entusiasmante.

Tanto per fare un paragone, l’Nba due mesi fa ha vissuto un caso che noi non riusciremmo mai a comprendere. Nel novembre del 2021 Espn pubblicò un articolo in cui denunciò il comportamento razzista e misogino che l’azionista di maggioranza dei Phoenix Suns – Robert Sarver – aveva nelle sue aziende. Il commissioner dell’Nba non andò dai media a dire: «Se vogliamo andare sul linciaggio di piazza non è un problema, ma stiamo calmi perché temo che quel tema possa riguardare anche altri soggetti». Né tantomeno attese che si muovesse la magistratura ordinaria. No. L’Nba commissionò un’inchiesta privata a un grosso ufficio investigativo. Che confermò le accuse della Espn. A questo punto la Nba multò l’azionista di maggioranza per dieci milioni di dollari (non i tre euro italiani in caso di comportamenti razzisti) e sospese Sarver per un anno. Ovviamente fantascienza per l’Italia (vi immaginate i cortei dei tifosi dei Phoenix?). Ma non è finita. Perché questa decisione venne considerata da Lebron James un’offesa all’integrità dell’Nba, una sorta di compromesso al ribasso!

«Non deve esserci spazio per misoginia, sessismo e razzismo. Vale per tutti i lavori e vale anche per l’Nba. Non importa se sei il proprietario della squadra o se ci giochi: il nostro campionato deve portare avanti certi valori. Devo essere onesto, la nostra lega ha decisamente sbagliato. Non c’è neanche bisogno di spiegare perché. Leggete tutti le storie e poi giudicate pure da soli. L’ho detto prima e lo dirò di nuovo, non deve esserci nessuno spazio in Nba per questi comportamenti». Insomma per Lebron, Sarver andava cacciato e l’Nba era stata troppo morbida. E a quel punto Sarver ha annunciato la vendita del club.

Questo per dire che ogni sistema, ogni ordinamento, deve avere un substrato sociale. Negli Stati Uniti il comportamento di Sarver è considerato socialmente riprovevole e quindi potrebbe avere conseguenze negative dal punto di vista economico (ad esempio ritiro degli sponsor, allontanamento di spettatrici o di spettatori di colore). L’Nba è una grandissima azienda. Sta sul mercato. Non vive di prebende.

In Italia tutto questo è un film oltre la fantascienza, siamo nel campo del surreale, del lunare. Immaginate la Lega Serie A che multa di dieci milioni di euro (ma anche 500mila euro) un presidente qualsiasi per comportamenti misogini e/o razzisti nella propria azienda? Il calcio italiano è la perfetta emanazione del nostro Paese e Gravina lo rappresenta appieno. È l’unico sistema possibile, perché è l’unico sistema in cui si identificano gli italiani. È il sistema dei mezzucci, degli imbrogli, della furbizia considerata una valore. E quindi un falso in bilancio diventa un artificio contabile. È tutta una questione di semantica. Vale anche per il sistema dei media che in questi giorni stanno celebrando Andrea Agnelli come se l’inchiesta della magistratura non fosse mai esistita. Ciascuno ha quel che si merita.

Per avere una Serie A diversa, un sistema calcistico diverso, dovremmo avere un Paese diverso.

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