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Pizzul: «Ad Adani invidio l’entusiasmo. È preparato ma troppo categorico nei giudizi» 

A Libero: «I ragazzi della Rai sono bravi ma con i social ci sono troppe informazioni. Invece di Mbappè o Messi, si raccontano la zia dell’uno o la moglie dell’altro».

Pizzul: «Ad Adani invidio l’entusiasmo. È preparato ma troppo categorico nei giudizi» 
Db Milano 29/12/2019 - trasmissione Tv 'Il campionato fa 90' / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Bruno Pizzul

Libero intervista Bruno Pizzul, storica voce del calcio. Il tema è quello del Mondiale in Qatar, che domenica avrà il suo momento conclusivo con la finale tra Argentina e Francia. Sulla quale Pizzul chiarisce subito:

«Dico 50 e 50. È difficile valutare il reale stato di forma con il quale arrivano all’ultimo round. Hanno denotato, entrambe, qualche crepa fisica in alcune fasi delle semifinali».

A Pizzul viene chiesto se Messi potrà mai raggiungere Maradona.

«Non scherziamo. Messi può arrivare ad avere più trofei in bacheca ma Diego era e resta inarrivabile e unico. Era un atleta basso e goffo ma in grado di realizzare, con il pallone, cose contrarie alle leggi della fisica».

Sulla scelta della Rai di non affidare la telecronaca della finale a Lele Adani.

«Guardi, a Daniele invidio quell’entusiasmo persino eccessivo che mette accompagnando le telecronache. È preparato ma molto categorico  nei suoi giudizi. Forse troppo».

Sia sincero: che voto dà alle telecronache odierne?

«I ragazzi della Rai sono bravi ma vivono i tempi dei social che hanno cambiato tutto, portando un telecronista ad avere migliaia di informazioni. Troppe. Questo porta a un incaglio: invece di Mbappè o Messi, si va a raccontare per minuti della zia dell’uno o della moglie dell’altro».

Pizzul esprime il suo giudizio sul Mondiale. Le squadre più convincenti, per lui, sono Croazia e Marocco.

«Direi Croazia e Marocco, le compagini che hanno mostrato un vero calcio d’assieme: ben messe in campo, hanno
interpreti poco solisti e al servizio del collettivo».

Quanto al tiki-taka, che sembra definitivamente tramontato:

«Speriamo. Guardiola, come Sacchi, ha rivoluzionato il calcio con il Barcellona ma i suoi adepti spagnoli lo hanno
poi rovinato proponendone uno privo di pericolosità. Infatti, la Spagna è andata a casa presto».

Pizzul indica il mondiale più estetico tra quelli che ha seguito in Germania ’74.

«Direi Germania ’74, dominato ma non vinto dall’Arancia Meccanica olandese. Quella nazionale aveva, oltre a Cruijff, altri 7-8 campioni che giocavano secondo istinto e sensibilità personali. Facile fare un calcio totale con certa gente».

Quello meno espressivo, invece, è stato Messico 1986.

«Il mio primo da telecronista degli azzurri. Maradona illuminò la scena ma fu un mondiale scialbo giocato in una paese intristito rispetto a quello che avevo conosciuto 16 anni prima, ai miei inizi».

Fare il telecronista nella Rai degli anni ’70 era più soddisfacente?

«Era bellissimo. Nella mitica sede Rai di Milano avevo amici più che colleghi. A cominciare da Beppe Viola. E in quella sede passavano tutti, da Facchetti o Gianni Rivera per un salutino fino a Jean Luis Trintignant, l’attore francese che ci portava vino e formaggio francese per uno spuntino».

Una finale mondiale strofina i nervi anche a un telecronista? Pizzul risponde:

«No. È abbastanza facile: si conosce tutto dei giocatori. Facevo più fatica quando dovevo raccontare una partita del Torneo di Viareggio».

Pizzul non ha mai potuto finire una finale con il fatidico «L’Italia è campione del mondo!». Rimpianti?

«Mai perso il sonno per quello. Mi è dispiaciuto soltanto a Italia’90, lì avremmo meritato di alzare la coppa. Ma c’era Diego di mezzo e non fu tutto molto bello».

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