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Onana: «L’Inter non è partita bene ma chi dice che il Napoli alla ripresa sarà ancora come adesso?»

A Sportweek: «Handanovic è un campione, ma io sono un portiere moderno. Gli africani hanno poca tecnica? Eppure sono portiere dell’Inter»

Onana: «L’Inter non è partita bene ma chi dice che il Napoli alla ripresa sarà ancora come adesso?»
Db Barcellona 12/10/2022 - Champions League / Barcellona-Inter / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Andre’ Onana

Su Sportweek, settimanale della Gazzetta dello Sport, un’intervista ad André Onana, arrivato all’Inter la scorsa estate a parametro zero. E’ al Mondiale in Qatar con il Camerun. Racconta l’approdo al club interista.

«Ero all’Ajax e un paio di anni fa Piero Ausilio si avvicina per la prima volta al mio agente: gli racconta le cose come stanno, senza giri di parole, come piace a me. E dal minuto 1, ancora prima di entrare nel cuore della trattativa, mi sono sentito il nerazzurro addosso. Ho iniziato a vedermi come portiere dell’Inter ogni giorno di più. Quando un club così pensa a te, come fai a dire no? Ne sei lusingato e felice. E adesso eccomi qua in una città magnifica, con una tifoseria incredibile che inizia a volermi bene».

Ad Onana viene chiesto se è sorpreso di essere già titolare in così poco tempo.

«No, perché so chi sono, quanto valgo, e mi accorgo di quanto cresco, allenamento dopo allenamento. Sapevo che facendo le cose per bene sarebbe arrivato presto il mio momento. Prima di arrivare, ero consapevole che mi sarei giocato il posto con un portiere straordinario, che ha fatto la storia di questo club, ma che è molto, molto diverso da me… Se qualcuno mi chiede “Samir è un tuo modello?”, io non posso che dire… “no”. Proprio per questa diversità tra noi. Ma aggiungo pure che lui è un campione, un gigante, altrimenti non sarebbe rimasto qui, a questo livello, per 11 anni: davanti ad Handanovic ci si può solo togliere il cappello. Appartiene a una scuola italiana che è diversa dalla mia: è bravissimo e sicuro tra i pali, mentre io mi sento un portiere moderno e “proattivo”. Uno che prende rischi, esce, accetta l’uno contro uno e gioca tanto con i piedi. Sono semplicemente modi diversi di intendere il ruolo e diversi insegnamenti a cui vieni abituato. All’inizio, ci guardavamo straniti in allenamento, e uno diceva all’altro: “Non fare così, stai sbagliando”. E l’altro rispondeva: “No, sbagli tu” (ride, ndr). Personalmente, mi sto misurando con allenamenti nuovi, che all’inizio neanche capivo, ma anche così posso crescere».

Come è il vostro rapporto ora che ha preso il suo posto? Onana risponde:

«Parliamo molto più adesso di prima: Samir si sta comportando da vero capitano. È un leader riconosciuto e si vede in tante piccole cose: non deve pensare solo a me, ma a tanti aspetti quotidiani della squadra. Apprezzo il fatto che mi dia consigli, che si congratuli per una bella parata e mi corregga per un errore. E, poi, ricordiamoci di una cosa: l’Inter, intesa come istituzione, è qualcosa di molto più grande di me, di lui e di qualunque altro. Noi tutti abbiamo il dovere di difendere e onorare questa maglia, ma siamo solo di passaggio, mentre il club e il popolo interista resterà. Questo soltanto conta».

Onana parla del suo rapporto con la paura. Ricorda quando nel 2017 perse la finale di Europa League contro lo United, quando giocava nell’Ajax.

«Non perché fossimo più scarsi di loro, ma perché avevamo paura. Il giorno dopo quel match chiamai mia madre e le dissi: “Non voglio più avere paura su un campo di calcio, anche se mi capiterà di giocare con Barça e Real insieme”. Se perdo non deve essere più perché ho tremato, perché ho abbassato lo sguardo, ma perché il rivale mi è stato superiore. È diventata una regola di vita. In generale, io mi alleno e vivo per serate così: mi esalta affrontare rivali grandi come il Bayern e alla fine è andata abbastanza bene, anche se non sarò mai felice per una sconfitta».

Ma sente di aver cambiato l’Inter con la sua presenza lì tra i pali?

«Posso dire che la squadra si sta davvero abituando al mio stile. Adesso, se su un cross non esco, Skriniar mi guarda male e Dumfries mi urla “Onaaaaa!”. Io rispondo che non posso uscire sempre, sempre, sempre, ma il fatto che loro facciano così mi rende felice. Significa che si fidano, che ci capiamo, che vogliono che rischi».

Dice che i suoi difensori lo fanno sentire sicuro.

«Quando vedo Skriniar andare sull’uomo con quella cattiveria e urlarmi in faccia la sua carica, penso: “Che guerriero! Con questo ci andrei in battaglia sempre!”. Ma tutti i nostri difensori, così alti e grossi e duri, mi fanno sentire protetto. Anche se so che abbiamo preso troppi gol finora…».

Secondo qualcuno, però, Onana a volte esagera con l’imprudenza nelle uscite.

«Io mi batto per la squadra, non per quello che si dice di fuori. Se io riesco a catturare una palla alta, poi posso ribaltare il fronte velocemente. Più si esce, più si riparte e il portiere è il primo creatore di gioco ormai».

Dell’Inter dice che è piena di giocatori tecnici. E su Lukaku:

«Ci manca tanto, ma quando tornerà farà come sempre il massimo. E, tra l’altro, il popolo interista lo adora. Ma lo adora davvero. Quando ha iniziato a riscaldarsi col Plzen a San Siro, ho sentito un “ohhhh” incredibile e mi tremava la terra sotto ai piedi: mai vista una manifestazione d’amore così, mai vista una tifoseria così appassionata».

Se c’è tanta qualità in squadra, perché siete così indietro in campionato?

«Dobbiamo stare tranquilli, ma nello stesso tempo ammettere che non siamo partiti bene. Le cose, però, cambiano in fretta, nella vita e nel calcio, e abbiamo la fortuna che questa volta i campionati sono due e non possiamo sapere se alla ripresa il Napoli sarà ancora come adesso. Ma, intanto, nell’ultimo periodo abbiamo definitivamente rialzato la testa e mostrato a tutti che siamo forti per davvero. Arriviamo così a febbraio e poi chissà…».

La disturbano gli stereotipi che si ripetono sempre sulla tattica e sulla tecnica dei giocatori africani?

«Che qualcuno lo dica, non significa che questa sia la verità. Io sono africano e, se faccio il portiere all’Inter, vuol dire che un po’ di tecnica ce l’ho… E, senza fare nomi, pensate a quanti giocatori africani fanno la differenza nelle migliori squadre d’Europa».

Onana è africano, ma si è formato in Europa: come convivono questi due mondi diversi dentro allo stesso uomo?

«Io credo nelle diversità che devono rimanere e arricchiscono nel rispetto reciproco. Sono e resto africano, orgogliosamente nero, ma da anni vivo in un continente popolato in gran parte da bianchi, adattandomi alle regole del Paese che mi ospita e cercando di farmi valere per il mio talento. Solo e soltanto per quello. Di una cosa sono sicuro, nel calcio nessuno gioca perché ha un certo colore della pelle: chi ce la mette tutta, chi si impegna e fa le cose per bene alla fine andrà in campo».

 

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