È ormai finita da un po’ la figura del giornalista come intermediario. Tutto è immediato, diretto. Di certo non è migliorata l’informazione

Le chat sul Napoli
Sono iscritto a quasi tutte le chat che parlano del Napoli o di Maradona, non perché ci intervenga spesso, ma con lo spirito dell’antropologo che crede di potere individuare delle linee di tendenza. La fine del giornalismo come mediazione tra il lettore che vuole informarsi e chi per mestiere è deputato a ciò – chiaramente questo è stato provocato dai social – ha prodotto molti effetti deleteri che cercheremo di sintetizzare in questo breve articolo.
I discorsi da bar si sono trasferiti in rete ed ora non si tifa più per il Napoli ma contro il co-tifoso che non si ritiene degno come fede o come competenza di potere rappresentare il tifo per la propria squadra. Esempio più calzante è quello di Meret che da più bersagliato è diventato – ora, dopo l’errore contro il Bologna che è valsa alla compagine felsinea il 2a2 provvisorio – il più difeso dal popolo dei tastieristi da chat. “Nessuno tocchi Meret!”, perché lui è uno di noi” versus “ma questo non sa giocare con i piedi e non esce in presa alta”.
A questo gioco al massacro si prestano anche giornalisti autorevoli: il genere letterario usato è quello del giambo violento ed iroso.
C’è poi da considerare che su queste chat passano delle notizie che non sono notizie – nel senso che sono acriticamente riportate senza un vaglio di attendibilità e senza verifiche serie -, ma che non sono neanche tecnicamente fake, ma che hanno l’alone magico della verosimiglianza – e su queste si scatenano querelle infinite con insulti et varia…
Ci sfugge a cosa serva tutto questo mormorare digitale se non a sfogarsi su un argomento passionale – ma non serio – come il calcio per passare il tempo e riempire di contenuti una vuota scatola cranica. Con questo non si vuole affermare che il calcio non sia una passione che possa occupare il nostro tempo libero come una presentazione letteraria, la visione di un film od altro – sappiamo che “il calcio è una fede matta” – ma crediamo che a volte la passione non entri in queste vuote diatribe violente.
Il Napoli è primo in classifica? Sì, ma ieri Petagna ha fatto un golazo in Coppa Italia con il Monza contro l’Udinese, “perché non ce lo siamo tenuti?”. Già perché? Purtroppo in quest’indeterminatezza che provoca abbassamento dello spirito critico entrano molto spesso anche i colleghi giornalisti: su un popolare sito generalista del Napoli ogni ora viene riportata la stessa che notizia che “Anguissa potrebbe recuperare per la Roma, ma no!, per i Rangers sarebbe più plausibile, ma non si sa mai!”. Neanche la ripetizione di una notizia differita come acqua santa può fare bene al lettore digitale ed alla sua psiche istantanea e neanche all’autorevolezza dei giornalisti. Ma no, bisogna creare l’attesa che genera dipendenza… Chi ci perde? L’informazione ed il suo ruolo fondamentale per creare lettori avvertiti…