“Questo è il calcio moderno del determinismo finanziario: i grandi punteggi sono all’ordine del giorno. Ma un mondo in cui c’è questa routine non è bello”

“La cosa strana del derby di Manchester è stata la routine”. Secondo il Guardian non è normale che una vittoria del genere passi per “normale”. Il City, scrive Jonathan Wilson, sta cambiando la nostra percezione di evento, e un po’ il calcio moderno.
Per il Guardian infatti il Manchester United deve pure ringraziare di aver perso solo 6-3. Lo United dovrebbe sentirsi “molto fortunato ad averla fatta franca solo con un tre gol di differenza”.
Si intravede “un cambio di paradigma, una nascente consapevolezza, lenta e poi improvvisa, che nulla è più lo stesso, che tutto ciò che pensavi di sapere deve essere rivalutato, ricalibrato”. “Il City è molto meglio dello United; perché non dovrebbero massacrarli in questo modo?”.
Questo è il calcio moderno
“Questo è il calcio moderno, i grandi punteggi sono all’ordine del giorno. Questo è il City, che ora ha una media di cinque gol per partita di campionato in casa. Questo è lo United, che ha subito quattro o più gol in cinque delle ultime 10 trasferte di campionato. Questo è Erling Haaland, che ha segnato una media di 1,75 gol a partita di campionato da quando è arrivato al City”
Per il Guardian, lo shock di Erik ten Hag non è nemmeno paragonabile a quello sofferto da Alex Ferguson dopo aver perso il derby 5-1 nel 1989. Ora, appunto, sembra quasi una cosa “normale”.
“E’ impossibile non riflettere su cosa è diventato il gioco. Dato che lo United ha speso più del City per mettere insieme queste squadre, questo è forse un momento strano per parlare di equilibrio competitivo. Ma c’è qualcosa di più profondo qui, che va ben oltre l’Etihad o il Manchester o anche la Premier League. Questo è un mondo in cui un club domina in Germania, uno domina in Francia, due dominano in Spagna (e uno di loro sta flirtando con il disastro finanziario) e uno ha dominato in Italia prima di prendere una serie senza precedenti di terribili decisioni di mercato. È un mondo di grottesche disuguaglianze.
Dietro, conclude Wilson “un determinismo finanziario che, relegando lo stesso calcio dietro obiettivi di politica estera e profitto, erode il gioco. Un mondo in cui le vittorie per 6-3 sembrano non eccezionali non è bello“.