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Sinner ha perso, ma ha vinto: Alcaraz è solo l’altra faccia della stessa medaglia

Ad un punto dalla semifinale degli Us Open, ha dimostrato di essere maturo per giocarsi il futuro con lo spagnolo per molti anni

Sinner ha perso, ma ha vinto: Alcaraz è solo l’altra faccia della stessa medaglia
2022 Londra (Inghilterra) - Wimbledon / foto Imago/Image Sport nella foto: Jannik Sinner ONLY ITALY

Il tennis è sempre lo stesso puzzle. Che lo si giochi in quarta categoria o agli Us Open. Hai un match point contro Alcaraz, futuro numero uno del mondo: fai il punto seguente e andrai a giocarti una semifinale Slam contro Tiafoe, poi forse una finale contro Ruud. No Nadal. No Djokovic. Federer chi? Fai sto punto! Il punto non lo fai, e perdi la partita. Ma Jannik Sinner non ha fatto a pezzi il puzzle, ribaltando il tavolo dopo più di 5 ore di battaglia. E’ rimasto piantato coi piedi nel campo, e col cervello in reset cicliclo. Come il suo avversario. Come fanno i campioni, anche se hanno 21 e 19 anni. Sconfitto ma anche no, Sinner ha definitivamente cancellato la narrazione tossica dell’eletto per esclusione. Quel tranello sintattico per cui i due – Sinner e Alcaraz – sarebbero antitetici: o l’uno o l’altro. Siamo esseri binari, monoteisti. Limitati. Malati di “paragoname”. Chi vince (Alcaraz), chi perde (Sinner)… l’ultimo Slam stagionale rivela un binomio da futuro assicurato. Tocca farsene una ragione, al di là dell’indomito disfattismo che ci prende quando una palla decide un match a favore d’un altro.

E’ dal 2019, Challenger di Alicante, che Sinner e Alcaraz hanno un destino in condivisione. Vinse Alcaraz, allora. Ma poi Sinner ha dominato gli ultimi due scontri diretti. E s’è giocato 5 set fino alle 2 del mattino costa Est con percentuali di prime che avrebbero azzoppato pure Nadal. Non fosse per quel passaggio a vuoto alla fine del quarto set, quando dopo aver sprecato il matchpoint ha subito due break e un set segnando a suo favore un solo quindici – il tennis è sempre lo stesso puzzle! – Sinner ha ribadito d’esser pronto. Non prefabbricato come l’altro, ma in costruzione avanzata.

Fondamentali tecnici in miglioramento, fisico di caucciù, variazioni, concentrazione, gestione del match, Alcaraz e Sinner hanno tutto. Pure la cazzimma in campo e una delicatezza di modi da libro Cuore che negli spogliatoi del tennis piace sempre. Poi il pubblico vuole il circo, vuole Kyrgios. Ma Ruud insegna: in silenzio si fa più strada, oggi.

Sinner, peraltro, ha già dribblato l’insistenza della pubblica opinione, avida di miti da scartocciare. S’è preso il diritto di non vincere tutti gli Slam entro i 21 anni, come pure gli italiani avrebbero diritto a pretendere (è il sottotesto di chi lo sport lo vive di riflesso). Gli altri lo trattano, da molto tempo, come un desiderio indotto. Lui ha assunto Cahill e s’è messo a imparare altri spartiti.

Ha perso con Alcaraz, ai quarti di uno Slam. Non ha mai raggiunto una semifinale, nei quattro major. E’ lo split step successivo: l’ultimo pezzo del puzzle.

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