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L’Nba non è solo civiltà, è business. La Serie A è stracciona e razzista, ai margini del mercato

La condanna dell’azionista dei Phoenix è la differenza tra come funziona un’organizzazione che macina fatturati record e una indebitata e culturalmente arretrata

L’Nba non è solo civiltà, è business. La Serie A è stracciona e razzista, ai margini del mercato

Nell’Nba – come potete leggere qui – l’azionista di maggioranza dei Phoenix Suns è stato sospeso per un anno e condannato a 10 milioni di dollari di multa per frasi razziste e per una serie di maltrattamenti (comportamenti bullistici e vessatori) nei confronti delle proprie dipendenti. Tutto è nato da un articolo di Espn nel novembre 2021. L’Nba ha commissionato un’indagine a un importante studio di New York. Dieci mesi dopo, l’Nba ha emesso i propri provvedimenti. E ha chiesto scusa. Perché quei comportamenti ledono l’immagine dell’Nba, rovinano il marchio. E quindi chi si comporta in quel modo, è nocivo e va punito e allontanato.

Ve l’immaginate la Serie A sospendere per un anno e multare per 10 milioni di euro un presidente per frasi razziste e maltrattamenti nei confronti delle dipendenti della propria azienda? Ovviamente siamo oltre la fantascienza. In Italia sarebbe impensabile. Da noi Commisso (che in Italia fa l’arcitaliano) può serenamente attaccare l’allenatore insultato e quasi schiaffeggiato nel proprio stadio. Da noi il giudice sportivo è di fatto una figura inutile, nel migliore dei casi costretto ad applicare leggi che non prevedono alcun tipo di punizione. Sarri fa il dito medio alla panchina avversaria? Ammonizione con diffida perché si è scusato. Di esempi potremmo farne a centinaia.

Il tutto ovviamente è figlio della dimensione parrocchiale della Serie A. Che non ha minimamente idea di che cosa sia l’economia di mercato, di quali siano gli standard minimi di civiltà accettati in Europa e nel resto del mondo per una organizzazione sportiva così seguita. In Italia il razzismo è considerato sfottò. Non parliamo poi dei presunti maltrattamenti nei confronti delle lavoratrici. In Italia ci metteremmo a ridere. Insorgeremmo al grido “sono questioni private che non riguardano il calcio”.

Al fondo in Italia – lo abbiamo detto decine e decine di volte – continuiamo a considerare il calcio una sorta di pianeta extraterritoriale. E infatti è così. Ma nel senso che il calcio italiano si sta progressivamente staccando dal resto d’Europa e del mondo. La vicenda Juventus-Salernitana è stato l’ultimo esempio. Un errore clamoroso che ha reso evidente la corsa al risparmio che caratterizza la Serie A. Gli arbitri non hanno detto nulla a parte l’emissione di un infantile comunicato. Il presidente della Figc Gravina ha rilasciato dichiarazioni anni Ottanta. Dal presidente della Lega Serie A non abbiamo sentito nulla ma comunque non ricordiamo sue dichiarazioni meritevoli di attenzione da parte dei nostri neuroni.

L’Italia del calcio è sempre più attorcigliata su sé stessa. All’estero non ci guarda nessuno. Il livello medio delle partite è osceno. Gli allenatori sono spesso maleducati, agitati, impresentabili. I presidenti non offrono spettacoli migliori. Il sistema è tollerante nei confronti di razzismo, sessismo, insulti vari. Dobbiamo proseguire? Il nuovo allenatore del Monza (Palladino) con i suoi 38 anni è il più giovane della Serie A. Nagelsmann ne ha 35 e allena il Bayern da un anno. I grandi calciatori qui non vengono più. La Serie A è una vetrina. Una terra di passaggio. Non ci sono i soldi. E neanche la cultura. Spesso neanche le strutture, gli stadi sono orrendi, andare alla partita è tutto tranne che una gioia. In un Paese attento al futuro le dichiarazioni di D’Amico avrebbero aperto una discussione, da noi sono cadute nel dimenticatoio dopo dieci minuti.

L’unica cosa che vorremmo far notare è che l’Nba economicamente funziona, è un’azienda ricchissima con fatturati record. Mentre la nostra Serie A è ormai roba per i peggiori bar di Caracas (con tutto il rispetto per Caracas) ed è povera. Talmente povera che in ben oltre il 50% delle partite di Serie A sono impiegate lo standard minimo di telecamere per risparmiare.

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