Evita gol con nonchalance. Spazza in fallo laterale. Commette pochissimi falli (a Milano uno). Non spreca. Stoppa come a basket. I compagni lo adorano
Milano, stadio San Siro, domenica 18 settembre. Kim Min-jae è il primo calciatore del Napoli a toccare il pallone (dopo appena sei secondi su lancio lungo di Tomori) e l’ultimo a compiere un intervento decisivo (al minuto 96): con gamba tesa chiude lo specchio della porta a Brahim Diaz che di testa colpisce a botta sicura e già pregusta il boato del Meazza. Ma Kim gli sta appiccicato come un francobollo. La sua non è una semplice marcatura. È riduttivo definirla così. Anche perché la distanza tra sé e l’avversario non è mai, mai, superiore ai cinquanta centimetri. La sua è una stoppata in stile basket. E giustamente la festeggia come se fosse un gol. Perché così è.
È il tocco numero 59 della partita di Kim Min-jae. Una prestazione da museo della difesa. Una volta Mourinho disse che Bonucci e Chiellini avrebbero dovuto tenere «un corso universitario ad Harvard per come difendono. Sono fantastici, assolutamente fantastici». Ecco adesso che Chiellini è di fatto andato in pensione, la sua cattedra in facoltà dovrebbe essere rilevata da questo marcantonio di un metro e novanta centimetri. Che – i tifosi del Napoli si tappino le orecchie – possiamo considerare l’erede coreano di Chiellini. Decisamente meno falloso, aggiungiamo.
Quella di domenica sera a Milano è stata l’ennesima formidabile performance di questo difensore centrale di 25 anni, quasi 26, che ha esordito nel Napoli e in Serie A appena quaranta giorni fa e si comporta come se vi giocasse da anni. Calciatore che oltre ad aver già segnato due gol – rientra nell’ornamento – incarna l’essenzialità. È molto raro imbattersi in un ghirigoro stilistico di Kim. Men che mai in un azzardo. Interpreta la partita come se fosse una missione: non far arrivare palloni pericolosi dalle parti di Meret. Pur essendo dotato di un mancino educato e di ottimi fondamentali. Non è affatto tecnicamente ruvido. Non è per nulla un difensore che va in crisi col pallone tra i piedi, anzi. L’azione può serenamente partire da lui. Ma in campo nei suoi occhi si legge la concentrazione del soldato in battaglia. E come tale si comporta. Inoltre nel corso delle partite è protagonista di un gesto ormai arcaico nel calcio contemporaneo: butta la palla in fallo laterale. Quel gesto che un tempo negli stadi veniva sintetizzato dall’onomatopeico bububum che è l’equivalente del disegno animato di un signore che scaraventa via il pericolo e il pallone. Un gesto tecnico che è accompagnato da reminiscenze olfattive del caffè Borghetti. È una macchina del tempo.
Sarebbero innumerevoli i riferimenti artistici per Min-jae. Dall’abusato pulitore di Pulp Fiction, interpretato da Harvey Keitel: “Sono Wolf, risolvo problemi”. A Bud Spencer che nei film si sbarazza degli avversari quasi con nonchalance. Marco Mengoni avrebbe potuto dedicare lui “L’essenziale”.
Nella sua analisi per il Napolista Alfonso Fasano ha scritto:
In quegli stessi minuti (dal gol di Simeone in poi), Kim Min-jae ha messo il contrappunto definitivo a una prestazione davvero straordinaria. Con il salvataggio di cui abbiamo già detto, ma anche con gli ultimi eventi difensivi della serata. Le sue cifre, in questo senso, sono mostruose: 3 contrasti vinti, 4 tiri respinti e addirittura 11 palloni spazzati via nel corso di azioni offensive del Milan. Più un fallo commesso, che fa parte del pacchetto. Basta fare una semplice divisione per rendersi conto che il sudcoreano ha effettuato un intervento difensivo ogni cinque minuti di gioco. È come se il Milan, giocando contro di lui, fosse sbattuto su un muro di gomma ogni 300 secondi, un muro di gomma in grado di respingere e risputare fuori ogni pallone, ogni avversario. Ogni pericolo.
Noi Milan-Napoli l’abbiamo rivista. Proprio per goderci Kim. Se vi fosse sfuggita in tv, la fotografia che abbiamo scelto rende perfettamente l’idea: lo sguardo e il linguaggio del corpo di Anguissa che gli parla a fine partita, sono tipici di chi si sta congratulando. Di chi sta porgendo i propri complimenti misti a ringraziamento. Come a dire: ci hai salvato la vita.
Negli occhi, grazie soprattutto ai social, resta ovviamente l’esultanza del sudcoreano subito dopo l’intervento decisivo: la stoppata su Diaz. È importante soffermarsi ancora un attimo su questo gesto.
Al minuto 96 il pallone è al limite dell’area, spostato a sinistra, sui piedi di Bennacer. Che vede in area Brahim Diaz solo soletto quasi all’altezza del dischetto del rigore. Kim ha il tempo di girarsi alla sua sinistra e vedere Giroud che sta all’esterno, in area, oltre Elmas. Brahim Diaz invece è solo, all’interno. Kim si volta e in un nanosecondo decide che il pericolo principale è rappresentato dal numero 10 del Milan, Giroud può aspettare. E infatti è Diaz che Bennacer serve con un pallone che vuole imitare quello di Mario Rui per Simeone. Bennacer crossa, Brahim Diaz si ingolosisce e va verso il pallone pronto a colpirlo. Nella sua memoria è solo, non ha nessun calciatore del Napoli attorno. Non immagina che nel frattempo Kim stia sopraggiungendo. Il difensore è in ritardo, lo sa. E allora così come gli sprinter o gli atleti in generale sul filo di lana si buttano col petto, lui getta la solita gamba tesa. Che ha evidentemente il radar. E intercetta il pallone colpito di testa dallo spagnolo. Brahim Diaz probabilmente colpisce a occhi chiusi. Si aspetta il boato e invece sente troppo presto un altro colpo. È la gamba di Kim che intercetta il pallone. Brahim si mette le mani nei capelli, lo sa che gli ha tolto il gol. È disperato.
Kim si rende immediatamente conto che quella stoppata con la gamba è il suggello sui tre punti. Ed esulta. Un gesto atletico e calcistico che incornicia una prestazione da 110 e lode con bacio accademico.
Kim è l’essenziale del calcio. È per un difensore quel che Pippo Inzaghi era per un attaccante.
In 97 minuti Kim commette un solo fallo: al 59esimo per spinta ai danni di Giroud. Poi, lo affronta con correttezza. Tante volte anticipato, talvolta subito come nell’occasione del gol (dov’è andato a chiudere su Theo Hernandez che si è bevuto Zerbin) o nel primo tempo sulla traversa colpita dal francese grazie alla magnifica deviazione di Meret. Traversa colpita al termine di un’azione nata da palla perduta da Kvara, episodio che contribuisce in maniera decisiva al mancato raggiungimento della posizione ottimale da parte del sudcoreano.
La sua partita è impressionante per senso della posizione e capacità di concentrazione. Una capacità di concentrazione da scacchista. Sbaglia pochissimo, potremmo dire quasi mai. Al 16esimo un passaggio semplice per Kvaratskhelia e al 44esimo un passaggio arretrato che costringe Rrahmani a indietreggiare per recuperare il pallone. Una sola volta, a inizio partita, non controlla con la coscia e la mette in calcio d’angolo: solo perché ha la visuale ostruita e non vede arrivare il pallone che gli sbuca all’improvviso.
Di testa non arriviamo a dire che li prende tutti. Ma di certo ne intercetta tanti. Tantissimi. Quelle rare volte che il francese riesce a colpire, è impreciso perché Kim è sempre lì a pochi centimetri, come se fosse uno specchio.
Nei videogame Kim sarebbe rappresentato dall’immagine di un guerriero che con la spada si mette a protezione del fortino e colpisce e intimorisce chiunque commetta l’azzardo di avvicinarsi.
Dopo solo otto minuti di gioco, entra in scivolata su Saelemaekers in una zona terribilmente al confine tra l’area di rigore e il suo limite. Intervento molto rischioso. Lui prende la palla di netto e via.
Otto minuti dopo, intercetta un pallone destinato ancora a Saelemaekers e si esibisce nel numero vintage già descritto: anticipo e pallone in fallo laterale. Il passa-a-me-passa-a-te lo facciamo domani. Avanti un altro.
Il numero si ripete al 31esimo. Tonali si aggira pericolosamente al limite dell’area, vede un corridoio e serve Krunic che arriva da sinistra – quella che oggi chiamano imbucata. È una chiara occasione da gol. Ma Krunic non fa i conti col gigante che gli si para davanti e stoppa ancora una volta, stavolta come a pallavolo, e devia in fallo laterale. Sempre con la gamba. E mostra un’altra sua attitudine: con semplicità disarmante sventa un’occasione potenzialmente pericolosissima. E forse da casa neanche se ne accorgono. Gli manca solo il gesto che di solito che si fa con le mani quando ci si libera di qualcosa che infastidisce. Come Bud Spencer alla fine di una scazzottata.
Il salvataggio inosservato è una delle specialità della casa. La mette in mostra anche al 62esimo quando con apparente nonchalance oppone ancora una volta la sua gamba protesa al tiro in area di Saelemaekers. Un tiro potenzialmente molto pericoloso. Anche qui l’intervento passa quasi sotto silenzio. Non se ne accorge quasi nessuno ma senza la sua gamba forse quel pallone finirebbe in porta.
Così come al 74esimo – si è sull’1-1 – sradica la sfera dai piedi di Messias. Il brasiliano chiede e ottiene triangolo a Giroud, fa per avanzare ma nel frattempo il nostro lascia un attimo il francese e si riprende il pallone. Come un adulto con un bambino. Messias nemmeno si rende conto di quel che è successo, lo ha visto una frazione di secondo prima vicino a Giroud e subito dopo gli porta via la sfera.
Volete sapere quante volte Kim anticipa Giroud? Quasi non si contano.
Al secondo minuto spazza in fallo laterale (a ridaje) una palla servita al francese.
All’undicesimo lo anticipa di testa a metà campo e Olivier resta lì a chiedere il fallo.
Al 29esimo sempre di testa su rilancio rossonero
E ancora: al 49esimo, al 59esimo, al 67esimo, all’80esimo. All’83esimo non è chiaro se allontani lui o per sbaglio il francese. Sbroglia anche al 92esimo, era fuorigioco ma non si sa mai.
Al fischio finale è Kim il primo che Meret va ad abbracciare. Esce dalla porta, lo rincorre. Lo cerca. E non solo esulta. Lo ringrazia. Se evitare un gol equivale metaforicamente a salvarsi la vita, Meret sa benissimo chi è stato il suo angelo custode.