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Il metodo Giuntoli: com’è nato il Napoli più forte dello scorso anno (e vale anche di più)

L’anno zero voluto da De Laurentiis si è rivelato una grande opportunità per il ds. Ha preso Kvara e Kim per pochi spiccioli. Spalletti ha un gioiellino tra le mani

Il metodo Giuntoli: com’è nato il Napoli più forte dello scorso anno (e vale anche di più)
Foto Hermann

Siamo appena alla quinta giornata di campionato ed è già il Napoli di Kim e Kvaratskhelia. E quindi il Napoli di Giuntoli l’uomo che li ha scovati e li ha portati in Italia per quelli che oggi possiamo definire pochi spiccioli. È molto raro imbattersi in esordi così deflagranti in Serie A che non sarà più il campionato bello del mondo ma resta uno dei più complicati. Cinque giornate hanno fugato ogni dubbio sul reale valore dei due calciatori che, rapidamente, nei giudizi si stampa e tifosi da punti interrogativi si sono via via trasformati in buoni giocatori, certezze, e hanno già imboccato le strade che conducono alle voci calciatori forti, leader, e nel caso di Kvara potenziale fuoriclasse. Il tutto in meno di un mese.

In cinque giornate il georgiano ha segnato quattro reti, di cui nessuna su rigore. In proiezione, tanto per fare un giochino, significherebbe 30 gol in campionato. È stato l’assoluto protagonista di tutte e tre le vittorie. Ha mostrato numeri d’alta scuola, anche e soprattutto contro la Lazio la più forte fin qui incontrata. Altro che “una cosa è giocare in Georgia e un’altra è farlo in Italia”.

Non solo ha dimostrato che può giocare da protagonista in Serie A ma che probabilmente la lascerà molto presto. Chi ancora parla di Insigne, ci perdoni, ha un problema con la nostalgia che nulla ha a che fare col calcio. Il Napoli ha perso un giocatore di 31 anni che di fatto non aveva più alcun valore sul mercato (è finito a giocare a Toronto), e ha acquistato per 10 milioni di euro quel che ad oggi è considerato il miglior acquisto del campionato. Insigne guadagnava 10 milioni lordi. Kvicha due. Non vogliamo immaginare, di questo passo, quanto potrà valere a fine stagione. E poiché non amiamo infierire, evitiamo di dilungarci in paragoni tecnici e analisi dei gol segnati a quell’età. E ricordiamo che si tratta di un calciatore noto agli addetti ai lavori. Che ha abbandonato il campionato russo per problemi di natura extracalcistica (la guerra) e che è stato seguito pazientemente dal Napoli e da Giuntoli che ha atteso il momento propizio per riuscire a portarlo al Napoli.

Kvaratskhelia, da solo, giustificherebbe l’assegnazione dell’Oscar del mercato al Napoli. Ma oggi al fianco del georgiano in copertina c’è anche il sudcoreano Kim. In cinque giornate di campionato, il difensore debuttante in Serie A ha sbagliato sì e no tre interventi (a Verona, all’esordio), ha segnato due gol, ha annichilito il più forte attaccante italiano (Immobile), è secondo nella classifica di Serie A dei palloni recuperati, è diventato un punto di riferimento della squadra: ieri, contro la Lazio, è stato il giocatore che ha toccato più palloni: 118. Sembra che giochi nel Napoli da una vita e invece ha esordito a Ferragosto.

Giuntoli lo segue da tre anni, da quando giocava in Cina nel Bejing Guoan. Seguire un calciatore, come nel caso Kvara e di tanti altri, vuol dire metterlo sotto osservazione. Studiarlo partita dopo partita. Esaminarlo per capire come si comporta quando è sotto pressione, come riesce a sopportare i momenti complicati, oltre a tutto quel che c’è da archiviare dal punto di vista tecnico-tattico. Sarebbe potuto arrivare a Napoli già lo scorso anno. Per appena 5 milioni. Ma il Napoli non aveva disponibilità economica e in rosa c’era un certo Kalidou Koulibaly. È finito in Turchia, al Fenerbahce dove ha avuto il suo impatto col calcio europeo. Parliamo di un calciatore che ha 25 anni (a novembre 26), ha 40 presenze in Nazionale e saltò il Mondiale del 2018 solo perché infortunato (frattura del perone).

Attenzione al passaggio su Koulibaly. Se ci fosse stato ancora Insigne, Kvara non sarebbe mai arrivato. Lo stesso ragionamento vale per Kim e Kalidou. Gli alberi vanno potati. Si possono seguire quanti calciatori vogliamo ma se non puoi offrire loro un lauto stipendio, devi assicurare un trampolino di lancio e per questo occorre che giochino. Tanto per fare un esempio, quattro anni fa Giuntoli avrebbe potuto portare Hakimi al Napoli. Militava ancora nella Primavera del Real Madrid. Il Napoli lo bloccò per 15 milioni. Ma il marocchino non volle venire a fare panchina. E non se ne fece più nulla.

Infatti il Napoli ha rischiato di perdere Kim. Ha dovuto aspettare la partenza di Koulibaly al Chelsea per prenderlo. Stava andando al Rennes. È stato riacciuffato proprio perché seguito da tempo, perché si era instaurato un rapporto. E il calciatore desiderava giocare nel Napoli e in Italia.

Guadagna 3,5 milioni lordi. Koulibaly ne prendeva 13. Il Napoli lo ha pagato 18 milioni più 2 di bonus. Con i prezzi del mercato, a fine stagione il suo valore potrebbe risultare triplicato o quadruplicato.

Sono loro due gli uomini copertina del Napoli. Di quello che senza offendere nessuno possiamo definire anche e soprattutto il Napoli di Giuntoli. Noi che lo abbiamo criticato spesso e volentieri, diciamo anche fatto martire (giustamente eh) ai tempi dell’avvicendamento Ancelotti-Gattuso, non abbiamo remore a dire che il protagonista assoluto del nuovo Napoli è lui. È a Napoli da sette anni: fu ingaggiato da De Laurentiis nell’estate che possiamo definire del modello Rocky Balboa. Prendere due sconosciuti che avevano fatto molto bene. Sarri all’Empoli, Giuntoli al Carpi.

In questi sette anni, Giuntoli è spesso stato nell’ombra. E complessivamente ha ricevuto molte più critiche che elogi. La decisione di De Laurentiis di fare piazza pulita si è rivelata per il ds fiorentino l’occasione per far conoscere a tutti il proprio valore. Colpi ne ha piazzati anche prima, va riconosciuto. Fu lui a pescare Di Lorenzo. Lo stesso Lobotka che nella gestione Gattuso sembrava che facesse un altro lavoro. Politano. Rrahmani. Osimhen che però fu pagato non poco.

Era quindi già il Napoli di Giuntoli (che prese anche Demme e Petagna, eh). Ma una cosa è svolgere il proprio lavoro in contesti di ordinarietà, un’altra è sostenere un esame speciale. Rifare il Napoli dopo il dissolvimento del gruppo storico è un momento che segna il passaggio da un livello professionale all’altro. È il momento in cui hai la possibilità di far conoscere realmente il tuo valore. Può proiettarti in un’altra dimensione. In positivo ma anche in negativo. E questa sessione di mercato ha consacrato Giuntoli. E non più soltanto tra gli addetti ai lavori.

Di lui si dice che viva guardando partite di calcio, scrivendo messaggi su whatsapp e un tempo, prima di avere una famiglia, da bon viveur. Ha una fitta rete di collaboratori e osservatori. Alcuni del Napoli (Pompilio e Micheli su tutti), che lavorano con lui. Altri privati. È come se avesse una piccola azienda. Investe su sé stesso. Fa parte del proprio lavoro se si hanno ambizioni di crescita. Oggi il nome di Giuntoli è affiancato a Kvaratskhelia e Kim (in attesa che esplodano anche gli altri). Ha dimostrato che con pochi soldi è in grado di portare a casa calciatori forti che nel giro di un paio d’anni possono produrre plusvalenze record. Non poco per una società di calcio.

In questa sessione estiva Giuntoli ha portato a Napoli non soltanto Kvaratskhelia e Kim. Ma anche Olivera, Ostigard, Simeone, Raspadori, Ndombele, Sirigu.

Nomi che a nostro avviso portano il Napoli a essere sin da subito più forte dello scorso anno.

Spalletti ci perdonerà ma la favoletta che il Napoli attuale non sia all’altezza di quello precedente, torna buona ora che riaprono le scuole e i bambini non vogliono saperne di addormentarsi. Per tutto il resto, ci sono la realtà, i numeri. E negli occhi Lazio-Napoli di ieri sera. La vittoria è un dettaglio, quel che ha impressionato è stato il divario in campo tra le due squadre. Siamo decisamente lontani dalla vittoria dello scorso anno. Stavolta è stato un dominio. La domanda da porsi è come mai non sia finita 5-1. Su questo varrebbe la pena interrogarsi.

Il Napoli è uscito da un’estate molto complicata a livello ambientale. La partenza di giocatori storici (non obbligatoriamente giocatori-chiave, attenzione) ha messo in allarme la piazza. I tifosi sono geneticamente dei conservatori. Il Napoli ha colpevolmente ritardato di anni (almeno tre) il rinnovamento e in un colpo solo ha rinunciato a Koulibaly, Mertens, Insigne, Ghoulam, Ospina, Fabian Ruiz (oltre ad altri meno rappresentativi). È giusto sottolineare che si tratta di calciatori che in tanti anni di Napoli hanno lasciato il segno, si sono resi protagonisti di record storici, di prestazioni indimenticabili ma hanno comunque vinto pochissimo, quasi nulla. E che sempre, sempre, sul più bello sono venuti meno. Anche lo scorso anno. Provare a ricordarli come un gruppo di personalità – come ha recentemente fatto lo stesso Spalletti – è una smaccata forzatura, un’operazione di pura fantasia. Aggiungiamo che agli occhi di un osservatore esterno sembra che stiamo parlando di Gabetto, Loik, Valentino Mazzola: i protagonisti del Grande Torino. Insomma tutto andrebbe ricollocato nella giusta dimensione.

Il Napoli voluto da De Laurentiis e Giuntoli è una squadra fortemente competitiva. Allestita con pochi soldi se consideriamo i prezzi del calciomercato. E che ha portato a una riduzione secca del monte ingaggi di circa 35 milioni. L’acquisto più oneroso è stato Raspadori pagato circa 33 milioni. E paradossalmente è anche quello che si trova nella situazione più sfavorevole, visto che è costretto a giocare in ruoli non proprio suoi. Sirigu è un gran bel colpo: si portano a casa qualità, solidità ed esperienza. E sarà una figura importante per Meret, la migliore possibile per il friulano. Olivera è un ottimo esterno sinistro, avrà modo e tempo per dimostrarlo. Ostigard invece si è già messo in mostra. Di Raspadori abbiamo detto. Simeone ha segnato 17 gol lo scorso anno col Verona. È un centravanti solido, un lusso come panchinaro. E infine Ndombele l’unico colpo che al momento è circondato da un alone di mistero. È stato a lungo fermo, ci vuole un po’ di tempo. Al momento, è certamente un passo indietro rispetto a Fabian. Ma, come ha ricordato giustamente Spalletti, per recuperarli i calciatori vanno fatti giocare.

In fondo anche l’allenatore toscano sa di avere tra le mani una rosa fortemente competitiva, un gioiellino. Ne sa troppo di calcio per pensarla diversamente.

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