Flick: «Da piccolo temevo i cambiamenti di umore di mio padre, ho imparato a badare agli stati d’animo»

Alla Sueddeutsche: «Questa cosa mi aiuta a dirigere i giocatori: mi sforzo di identificare e risolvere precocemente le aree di conflitto»

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Db Bologna 04/06/2022 - Uefa Nations League / Italia-Germania / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Hans Dieter Flick

Martedì uscirà in Germania il libro dell’allenatore della Nazionale, Hansi Flick. Il tecnico ne parla in un’intervista alla Sueddeutsche, nella quale racconta la sua carriera e la sua filosofia.

Nel libro racconta il complicato rapporto con il padre, che l’ha sempre incoraggiato ma che è anche stato molto esigente. Racconta come, quando aveva 11 anni, lo fece scendere dalla macchina nel bosco, dopo essere stato sconfitto in un torneo, e lo fece correre a casa da solo per alcuni chilometri in pieno inverno.

«Erano altri tempi, non dimenticarlo. Sono molto grato a mio padre per tutto ciò che mi ha permesso di fare, ma non è sempre stato facile, è vero».

Dice anche che da bambino non poteva mai essere sicuro di come suo padre avrebbe affrontato la prossima delusione e che era “sempre in guardia”, osservandolo da vicino per vedere “quando, come e dove l’umore poteva ribaltarsi”. Qualcosa che torna utile nel mestiere di allenatore.

«Forse è davvero perché sono in grado di percepire il cambiamento in modo molto accurato e ho imparato a prestare attenzione agli stati d’animo. Credo che questo intuito mi aiuti anche nel dirigere i giocatori. Mi sforzo di identificare e risolvere precocemente le aree di conflitto».

Descrive la sua infanzia:

«Ero ben protetto. Mio padre mi ha sempre sostenuto. Avevamo quattro, cinque palle di cuoio a casa, di quelle costose. Avevo le migliori scarpe da calcio. Mio padre mi ha spronato e naturalmente poi voleva che giocassi bene. Quindi non ha mai detto molto: se segnavo cinque gol, andava bene».

Dice che ai giocatori tende mostrare ciò che fanno bene, anziché quello che sbagliano.

«Nel calcio, infatti, spesso si mostrano delle scene ai giocatori e si chiede: cosa hai fatto di sbagliato qui? Io faccio vedere a un giocatore cosa ha fatto bene. Dopotutto, è meglio iniziare a costruire la fiducia in se stessi, perché puoi ancora entrare nei dettagli per migliorare le cose. Voglio essere positivo, ma anche esigente: questo equilibrio è importante per me».

 

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