Il libro “Perdere”: «Si scrive per masturbare il lettore, per dargli quello che gli piacerà. Il giornalista è diventato un brand, invece dovrebbe informare»
“Perder” (Perdere) è il titolo del romanzo scritto da un giornalista sportivo del Mundo, Francisco Cabezas. Un libro che racconta la trasformazione del giornalismo sportivo.
Scrive El Mundo nel recensire il romanzo:
“Perdere” riflette anche su come talk show e social media hanno trasformato il giornalismo sportivo in un circo. Il protagonista ne soffre, preoccupato per il numero di follower che accumula su Twitter e lo costringe a essere un brand, un ambasciatore o uno spot di se stesso, più che un cronista cui non tremano i polsi quando deve scrivere qualcosa che lo mette a disagio.
Scrive nel libro
“Il lavoro di commentatore sportivo è altro rispetto alle grida in tv o alle baruffe sui social: ti costringe a trascorrere molti giorni lontano da casa, in hotel anonimi, migliaia di chilometri – quasi sempre da solo, alla ricerca di campi di calcio”.
La precarietà delle redazioni sottoposte a continui cambiamenti, la bunkerizzazione di giocatori d’élite in bolle di privilegi, i social network e la dipendenza dal clic hanno reso raccontare una partita o parlare di calcio oggi qualcosa di molto diverso da due decenni fa.
Cabezas – scrive El Mundo-
è ossessionato dalla sconfitta come concetto. “Siamo abituati a scrivere di sconfitte, ma sono sempre quelle degli altri. Ci mettiamo su un livello più alto, giudichiamo costantemente i giocatori, a volte mettiamo in discussione il loro lavoro, non è facile. Nella vita, come nel calcio, la cosa normale è perdere. Tutti perdiamo ogni giorno: al lavoro, nelle relazioni, con gli amici, finanziariamente… e non perdiamo nello sport solo perché non giochiamo. Ma la società ora è strutturata in modo tale che il fallimento è proibito. Abbiamo sbagliato qualcosa”, riflette.
Dice che nulla attrae più della caduta di un eroe.
“A volte c’è qualcosa di un atto masturbatorio del lettore, di scrivere solo ciò che gli piacerà. È positivo che sia i tifosi del Barça che quelli di Madrid mi critichino. Penso che la dice lunga sull’indipendenza delle informazioni, che dovrebbe essere la cosa più importante nella nostra professione”.
Scrive che
le grandi sconfitte del rivale di solito hanno molti più clic delle vittorie stesse e che l’odio collettivo a volte unisce di più. Per Cabezas, la chiave è nel periodo Mourinho-Guardiola, l’inizio di un giornalismo calcistico segnato dalle “emozioni più basse” che “non era un esempio di nulla”.
Parla anche del machismo, della assoluta penuria di donne nel giornalismo sportivo.
“Per quanto ne so, non c’è una donna cronista che segue con regolarità il Barcellona o il Madrid”.