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Le divergenze, per nulla parallele, del Napoli e di Spalletti

Tra le sue parole a Sky e i pensieri del Corsport (Koulibaly, Fabian, Deulofeu, i portieri e i piedi), emerge una distanza preoccupante tra il tecnico e la società

Le divergenze, per nulla parallele, del Napoli e di Spalletti

Giancarlo Dotto è un giornalista. Nel senso che è un giornalista vero. Un fuoriclasse. L’operazione di stamattina sul Corriere dello Sport è un’operazione piuttosto frequente nel giornalismo politico. Si riportano i pensieri dell’interessato (un tempo Berlusconi, Prodi, in questo caso Spalletti) senza virgolettati. Il classico “retroscena”. La solidità dell’operazione è garantita dal rapporto tra il giornalista e il soggetto del quale vengono riportati gli umori. Potremmo definirla un’intervista fantasma.

E francamente da questa perfetta fotografia emerge un quadro piuttosto inquietante. Perché i pensieri attribuiti a Spalletti sembrano i pensieri di uno che appare più spettatore che protagonista del mercato e del futuro del Napoli.

Koulibaly. Me lo vendi? Un secondo dopo mi dimetto.

Fabian Ruiz. Non firma il rinnovo? Non è un suo problema. De Laurentiis vuole metterlo fuori rosa? Dovrà fare i conti con il suo allenatore. Spalletti considera lo spagnolo uno dei 5 o 6 giocatori della rosa che sono da Champions.

Persino nel caso di (improbabile) cessione di Osimhen, l’uomo di Certaldo non si darà fuoco a Castel Volturno. Me lo vendi per 80, 100 milioni? Benissimo, me ne compri un altro forte e prepotente (per dirne uno, lo estasierebbe ritrovarsi tra i piedi Edin Dzeko uno che l’Inter vorrebbe sbolognare.

Politano vuole andare via? Okay ma non mi prendete Deulofeu. Che è un giocatore devastante ma in un calcio che non è quello di Spalletti. Il calcio che detesta, quello del fare testuggine dietro e scatenarsi negli spazi.

Pensieri e parole un po’ da ospite d’onore. Pensare che il Napoli stia trattando da settimane un calciatore che non piace all’allenatore, suona quantomeno bizzarro.

Aggiungiamo le parole sul ruolo del portiere a Sky:

“L’uscita dal basso con il portiere è il futuro. Dire il contrario è un messaggio sbagliato che si dà ai giovani. In futuro andrà a giocare anche fuori dalla lunetta dell’area di rigore. Nessuno vuole un portiere che non sappia giocare con i piedi. Per un gol preso da un errore con i piedi del portiere ne fai 10 perché cominci bene l’azione”.

“Nessuno vuole un portiere che non sappia giocare con i piedi”, quando leggiamo con insistenza del rinnovo di Meret.

Senza dimenticare la frase: «Rientrare fra le prime quattro sarà difficilissimo».

Pensieri e parole che rendono benissimo l’immagine di Spalletti preoccupato dalle richieste della piazza. È difficile dargli torto dopo il festival dell’assurdo andato in scena per lo scudetto sfumato, visto che a Roma hanno festeggiato giorni la Conference League.

Leggere sul Corsport frasi come “Per Spalletti la storia perfetta non arriverà probabilmente nemmeno con il Napoli” suonano fin troppo realistiche.

Sia chiaro, non emerge Spalletti sulle barricate. Però vien fuori Spalletti lavoratore in un quadro che non è il suo preferito. A oggi, dopo aver ascoltato le sue dichiarazioni e aver letto i pensieri di Dotto, ci sembra che le direzioni del Napoli e del suo allenatore non siano proprio sovrapponibili. Per rimanere al linguaggio politico e storpiare un po’ una celebre frase di Aldo Moro e successivamente limata da Eugenio Scalfari, siamo alle divergenze e ovviamente neanche parallele.

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