«I nostri soldati al fronte ci scrivono per incoraggiarci mentre noi ci alleniamo vicino a un laghetto coi cigni»
Il reportage del Paìs dal ritiro-esilio in Slovenia della nazionale ucraina, che si gioca la qualificazione al Mondiale: "Contro la Scozia è la partita più importante della nostra storia"

Mg Bergamo 28/02/2022 - campionato di calcio serie A / Atalanta-Sampdoria / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: striscione tifosi Atalanta
“La gente in Ucraina sta morendo!“. Così urla ai suoi giocatori Oleksandr Petrakov, il ct della nazionale ucraina in esilio per fare una cosa abbastanza surreale: allenarsi, giocare a pallone. El Paìs racconta il “ritiro” a Brdo, in Slovenia, “in un ambiente bucolico a pochi chilometri a nord di Lubiana”: “la squadra di Petrakov ha una missione che il presidente Zelensky ha integrato nella strategia generale per resistere alla Russia, provare a qualificarsi per i Mondiali in Qatar. Ha bisogno di vincere due partite: mercoledì contro la Scozia a Glasgow e domenica contro il Galles a Cardiff”.
La prima era prevista a marzo, ma la Russia ha attaccato l’Ucraina il 24 febbraio, la Fifa ha escluso i russi dalle competizioni e la partita è stata rinviata. Quando ha deciso di rinviare Scozia-Ucraina, la Uefa ha sperato che la situazione si calmasse prima di giugno. Non è successo. Quindi, con il paese che resiste ancora all’attacco militare, il 30 aprile l’allenatore, quattro calciatori e lo staff tecnico e dirigenziale della nazionale hanno lasciato Kiev per un esilio temporaneo in Slovenia. “Partenza dall’Europa e arrivo in Europa – racconta il ct – il contrasto… qui la gente è felice, sorride. Pace”.
A maggio, giocatori provenienti da varie parti dell’Ucraina e altri che giocano per club all’estero si sono uniti al ritiro. L’ultimo ad arrivare, il portiere del Real Madrid Andriy Lunin, dopo la finale di Champions League a Parigi.
Hanno deciso di preparare la loro guerra con altri mezzi, spiega il centrocampista della Dynamo Kiev Oleksandr Karavayev: “Dobbiamo vincere su tutti i fronti: in guerra, sul fronte culturale, sul fronte sportivo. Penso che possiamo aiutare di più il nostro paese con cose come questa, lasciare l’Ucraina, giocare partite di beneficenza, mostrare a tutto il mondo cosa succede nel nostro Paese”.
Petrakov voleva rimanere a Kiev, ma dice che la gente al fronte continuava a ripetergli: “Ti chiediamo solo una cosa, che la squadra si qualifichi per il Mondiale. Dobbiamo dimostrare di essere vivi”.
Molti soldati scrivono ai calciatori su Instagram. “Soldati che dal fronte, a colpi di arma da fuoco, mandano incoraggiamento ai calciatori che si allenano ai piedi delle Alpi Giulie, sui campi del Centro Nazionale di Calcio di Brdo, un complesso con buche da golf, un bosco, un lago, i cigni, carrozze d’epoca e aroma di fertilizzante fresco. Un paesaggio in cui gli sposi vengono a fare le foto, e dove il silenzio è appena rotto dal fischio dei kart elettrici e dal ronzio del drone che registra gli allenamenti”.
Il ct dice: “Mi siedo a pensare e mi viene sempre la stessa domanda: perché proprio io? Perché ad agosto mi hanno dato la nazionale e ora è iniziata la guerra? Ma devo essere forte. Non posso essere dispiaciuto. Devo mostrare ai giocatori che devono andare avanti”.
“Il calcio è una piattaforma sociale e politica molto importante”, afferma. E la partita contro la Scozia “è “la partita di calcio più importante nella storia dell’Ucraina”.