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Adani (e tutti i guardiolisti) in versione leopardiana: rosicar (non) m’è dolce in questo mar

Mentre Pep mostra come si incassa una cocente sconfitta, il suo esercito di laudatores sostiene che sarebbe dovuta finire 13 a 7. Ci si vede all’anonima guardiolisti

Adani (e tutti i guardiolisti) in versione leopardiana: rosicar (non) m’è dolce in questo mar
An Milano 10/09/2014 - photocall presentazione stagione televisiva 2014-2015 di Sky e Fox / foto Andrea Ninni/Image nella foto: Daniele Adani

La domanda, peraltro non nuova ai lettori del Napolista: che ne sarebbe stato di Ancelotti o (andando un bel po’ più in basso) di Allegri se da sei anni allenassero la squadra del club più ricco del mondo e non vincessero mai la Champions? Ve lo diciamo noi, sarebbero stati flagellati in pubblica piazza, additati come la rovina del football. Perché da anni, nella narrazione calcistica, imperano i professori di geometria alle scuole mede, quelli che hanno scambiato il calcio per il gioco Unisci i puntini de “La settimana enigmistica”, che hanno espulso la gestione della tensione, della pressione, e riducono tutto a infantili statistiche che poco e nulla raccontano di una partita.

Ieri sera è stata la loro Waterloo. Ma non temete, torneranno. Del resto in quanti ricordano i quattro gol che a Monaco di Baviera il Real di Ancelotti rifilò al Bayern di Herr Pep? Nessuno. Le sconfitte vengono rimosse dalla narrazione. Rimpiazzate da quei numeri che ripetuti fino alla noia hanno scavato gallerie nei neuroni di chi segue il calcio rendendoli asserviti all’asettico racconto pallonaro. Il calcio senza sudore.

Per un po’ di giorni, però, questo ko rimarrà. L’uno-due di Rodrygo al 90esimo e al 91esimo è l’equivalente della serie con Muhammad Alì uscì dall’angolo contro Foreman e lo mise al tappeto davanti alla folle urlante di Kinshasa. Foreman in balia dell’avversario, resta un’immagine scolpita nella pietra. L’uomo che sembrava invincibile, che cade come una pera cotta. Il City non è certo Foreman, in sei anni ha conquistato una sola finale di Champions e l’ha persa. E ovviamente questo Real non è Muhammad Alì ma una squadra che la scorsa estate era considerata finita.

Aperta e chiusa parentesi, Guardiola è stato un signore e ha mostrato come si perde. Senza dire una parola, e avrebbe potuto farlo, sull’ovvio ostruzionismo del Madrid nel secondo tempo supplementare. Sa che cos’è il calcio. E saper perdere vuol dire sapere come si vince.

Ma, come già scritto, una cosa è Guardiola e un’altra è il guardiolismo. Uno dei tanti pasdaran è Lele Adani. Lui, a differenza di Guardiola, non sa perdere e il suo rosicamento lo riversa sui social. Per lui il risultato giusto al termine delle due partite sarebbe stato 13 a 7 per il City. “Ma – aggiunge – non si può battere chi trasforma l’acqua in vino”. Il classico commento da bar sport che suona strano per uno che a pallone ha giocato, in Serie A e persino in Nazionale (5 presenze) nato in quella Correggio che ha dato i Natali a un campione come Salvatore Bagni lui sì calciatore e non disegnatore di schemi.

Adani guida l’esercito dei guardiolisti disperati. Si ritroveranno in cerchio in queste serate. “Sono guardiolista e non vinco una Champions dal 2011, col Barcellona. Ma nel nostro calcio abbiamo vinto 13 a 7 e tanto basta”. Sciapò, gli griderà Cassano. Come si dice: chi si contenta, gode.

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