Vecchioni: «Per noi interisti Mou era tutto. Arrivavamo a pensare che quando perdeva lo faceva apposta»

A Sportweek: «Andai a conoscerlo ad Appiano e mi accolse canticchiando Luci a San Siro. Le sue sconfitte sono momenti di ristrutturazione strategica»

Roberto Vecchioni coming out

Db Milano 05/12/2005 - concerto di Roberto Vecchioni / foto Daniele Buffa/Image nella foto: Roberto Vecchioni

Sportweek intervista Roberto Vecchioni. Il cantautore è tifosissimo dell’Inter.

«Per noi interisti, Mourinho è stato tutto! Era la madre e il padre, la moglie e i figli, il cane e il gatto… Nel 2010 non c’era altro per noi. Lo avevamo in testa per tutta la settimana. Avevamo del nostro allenatore portoghese un concetto così alto e così pieno che arrivavamo a pensare che quando perdeva lo faceva apposta. Quando stavamo pareggiando non ci perdevamo d’animo, ci dicevamo “tranquilli che adesso Mou mette 5 attaccanti e vinciamo».

Racconta di averlo conosciuto personalmente.

«Sì, sono andato ad Appiano Gentile un paio di volte per incontrarlo. E mi colpì la sua presenza di spirito, era preparato su tutto. Sapeva esattamente chi fossi e mi accolse canticchiando Luci a San Siro. Per me era una divinità… gli ho chiesto una foto, un suo autografo e lui ha voluto il mio».

Lo definisce un «po’ stregone» e sul triplete dice che «resta un’impresa impossibile da rifare». Era a Madrid nel 2010 per la finale col Bayern. Lo definisce uno dei giorni più importanti della sua vita, insieme alla laurea, al matrimonio, alla nascita dei figli e alla vittoria al Festival di Sanremo.

Nonostante sia passato alla Roma, Mourinho resta per lui un mito.

«Rimane un “bandido”… nel senso buono. È un personaggio pazzesco. Difficile entrare davvero nei suoi pensieri, ma è sempre un istrione, un grande comunicatore. Le sue sconfitte non sembrano mai sconfitte. Sono momenti di passaggio, sono momenti di ristrutturazione strategica. E comunque a Roma, al primo anno, sta già facendo bene».

Racconta come è diventato interista:

«Mio papà, un immigrato napoletano, tifava Milan negli anni d’oro del Gre-No-Li, la grande squadra di Green, Nordhal e Liedholm. Mi portava allo stadio e mi annoiavo a morte. Un giorno ho preso coraggio e gli ho chiesto se ci fosse un’altra squadra a Milano. Mi disse “Sì, ci sarebbe l’Inter, ma perde sempre…”. Bastarono quelle parole per farmi diventare immediatamente interista. Quella scelta ha segnato anche la mia vita, perché citando Bertold Brecht scelsi di sedermi dalla parte dei perdenti perché quella dei vincenti aveva tutti i posti occupati. E per istinto io sono sempre stato dalla parte degli ultimi».

 

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