Lo scrittore è capace di disegnare i percorsi mentali caratteristici della sua classe di appartenenza evidenziandone finzioni e comode riserve mentali
Ritorna il 61enne scrittore barese Gianrico Carofiglio con il suo ultimo “Rancore (pagg. 248, euro 18.50; Einaudi)” e ritorna anche il personaggio di Penelope Spada, l’ex magistrato milanese che ora occupa il suo tempo facendo indagini private senza averne titolo.
Ora la figlia di un potente ex grande chirurgo, Marina Leonardi, le affida un’indagine particolare: riuscire a capire se suo padre Vittorio è stato accompagnato alla morte da fattori esterni rispetto a quel classico infarto che sembra averne determinato la dipartita. La causa dell’indagine richiesta? Una decurtazione notevole della quota ereditaria legittima della figlia, a favore della nuova moglie, l’ex soubrette nullafacente Lisa Sereni. Penelope – mentre dopo tanto tempo riesce a provare ancora attrazione per il maestro vegetariano Alessandro che incontra al Parco e che ama i libri – prende su di sé la responsabilità di quest’indagine-non indagine anche perché la cosa si lega direttamente al suo abbandono alla magistratura inquirente. Allora con la fedele cana Olivia inizia ad escutere la domestica del chirurgo, Elena Pinelli – la prima a trovare il cadavere – ed il medico Mario Loporto, amico del Leonardi, che ne aveva diagnosticato la fine avvertendone poi la figlia Marina e la nuova moglie Lisa. Ma per inventarsi delle sequenze di eventi che possano portare ad un potenziale delitto, ad indizi, e poi alle prove, la Spada si sente in dovere di sentire tutto il circolo familiare del defunto, finanche Rachele Esposito, prima moglie del Leonardi.
Si capisce che la materia giudiziaria è stata il pane di Carofiglio – prima di innamorarsi della politica e della narrativa – perché mentre Penelope svolge la bislacca indagine lo scrittore descrive dal di dentro modelli, procedure, metodi di ricerca della verità sostanziale proprie dell’azione inquirente, ma anche di quella di polizia giudiziaria. Perché allora Carofiglio ha tanto successo? Perché riesce a calare nella prosa giallesca le sue interlocuzioni tecniche senza che il ritmo narrativo ne abbia nocumento: la cura delle parole e dei suoi significati, poi, è sempre stata un suo cruccio, nei saggi letterari narrativi che ne hanno caratterizzato la pubblicistica.
Poi il colpo di teatro di mettere un altro sé stesso femminile nella sua antica attività, attira le donne ma anche gli uomini che lo leggono. Carofiglio – a nostro giudizio – è maestro anche in un tipo di analisi che potremmo definire endoborghese: è capace infatti di disegnare i percorsi mentali caratteristici della sua classe di appartenenza, evidenziandone finzioni e comode riserve mentali. Il suo è un successo meritato anche per questo.