Sul Messaggero. I club potranno spendere non più del 70% dei ricavi. Il nostro calcio rischia di perdere ulteriori ere geologiche
Il Messaggero la chiama «grande rivoluzione», effettivamente le nuove regole finanziarie decise dalla Uefa cambieranno completamente il mercato del pallone rispetto a come l’abbiamo conosciuto finora.
In sintesi estrema: per il calciomercato e gli stipendi, i club potranno spendere non più del 70% dei ricavi. E naturalmente il nostro povero calcio, non fosse già abbastanza piagato dai propri disastri, rischia di perdere ulteriori ere geologiche.
Proprio oggi il comitato esecutivo Uefa si riunisce a Nyon per la riforma: il sistema dovrà essere autosufficiente dal punto di vista economico.
Ora il quadro muterà. Dal 1′ giugno le spese di mercato, i costi per il personale e le (gravose) commissioni dei procuratori dovranno essere complessivamente inferiori (o uguali) al 70% dei ricavi di ciascuna società.
La situazione in Italia
Le grandi squadre travalicherebbero già largamente e ampiamente i parametri del nuovo sistema: la Roma, ad esempio, avrebbe un rapporto tra i ricavi e i costi per la squadra pari al 126%, il Napoli al 108%, la Juventus al 101%. la Lazio al 99% e I’Inter al 97% Al contrario il Milan sfiora il più accettabile 80%.
In Europa è molto diverso, le nuove regole favoriranno le big come il City o il Real Madrid.
Per rendere l’idea dei futuri rapporti di forza: il City potrà spendere 451,4 milioni di euro l’anno tra acquisti e stipendi, il Madrid circa 448.5: mentre la Roma 133.3 e la Juve 303,5. E, logicamente, una minore gittata sul mercato si riverbererà in un impoverimento non soltanto della squadra in sé, ma pure del campionato, dei valori commerciali della lega e dell’intelaiatura della Nazionale.
Sul versante delle sanzioni, la Uefa finora aveva una certa discrezionalità.
Invece, da giugno, le pene saranno certe e codificate: e si potrà arrivare serenamente alla penalizzazione di punti e perfino all’esclusione dalle competizioni.