Cabrini: «Le calciatrici donne, a differenza dei maschi, fanno un sacco di domande, vogliono capire bene»
A La Stampa: «Essere un sex symbol non mi piaceva. Smisi di prendermela quando capii di non poter farci nulla».

1980 archivio Storico Image Sport / Italia / Paolo Rossi-Antonio Cabrini / foto Aic/Image Sport
La Stampa intervista Antonio Cabrini. Dal 2012 al 2017 è stato commissario tecnico della nazionale femminile. Mercoledì scorso la Figc ha aperto al professionismo del calcio femminile. Racconta cosa ha significato allenare le donne.
«Per entrarci ho dovuto smettere di pensare da allenatore di squadre maschili, lì è un mondo tutto diverso, eppure in grado di regalare soddisfazioni altrettanto grandi. Le differenze più evidenti? Innanzitutto la costituzione fisica delle atlete, che richiede una preparazione diversa. Ma anche la puntigliosità delle ragazze, che mi ha sorpreso. A differenza dei maschi, sono molto interessate alle regole, alla tattica, alle situazioni di campo. Fanno un sacco di domande, vogliono capire bene».
Cabrini è stato considerato per anni un sex symbol.
«Devo essere sincero? Non mi piaceva, e nemmeno lo condividevo. Quel luogo comune l’ho subito e ho finito per cavalcarlo solo quando mi sono reso conto che non sarei stato in grado di sconfiggerlo. Come diceva Giulio Cesare, “Se non puoi battere il tuo nemico, fattelo amico”».