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Il nipote di Meazza: «La mia battaglia per non demolire San Siro, il nonno lo difenderebbe a spada tratta»

Federico Meazza al Foglio. «Il nonno ci sgridava se facevamo casino: alla partita bisognava stare attenti. Al 75′ andavamo via: detestava trovare traffico»

Il nipote di Meazza: «La mia battaglia per non demolire San Siro, il nonno lo difenderebbe a spada tratta»
Db Milano 12/05/2021 - campionato di calcio serie A / Inter-Roma / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: stadio San Siro

Sarà stata a metà anni Settanta, la mia prima volta a San Siro: ricordo che nel prepartita lui mi portò negli spogliatoi dell’Inter. Lì c’era Mazzola, che mi sorrise. E riprese a riscaldarsi con Facchetti, in mezzo a quel ticchettio di scarpini che risuona ancora. Poi, al nostro arrivo in tribuna, la gente si alzò in piedi e fece partire l’applauso. Succedeva così tutte le volte

Lo racconta al Foglio Federico Jaselli Meazza. Cinquantatré anni e una grande sfida: preservare lo stadio che porta il nome di suo nonno dalle mire demolitrici del nuovo calcio.

Il sindaco Sala ha appena ribadito che la cerimonia d’inaugurazione di Milano-cortina 2026 si terrà qui: almeno per altri quattro anni ce lo possiamo godere. Speriamo per sempre, perché questa è un’immagine che non invecchia. Altrimenti non verrebbe sfruttata per le Olimpiadi.

L’intervista al Foglio il nipote di “Peppìn” la fa da Madrid. Lì lavora, ma gestisce pure l’Inter club.

Mi sono da poco unito al Comitato Sìmeazza, un’iniziativa per sensibilizzare i milanesi e tutti coloro che hanno a cuore San Siro. Per far sì che lo stadio venga mantenuto, rimodernato ma mai abbattuto: è un gioiello architettonico, sicuro, garantisce una visuale unica, perfino l’acustica è apprezzata dalla concertistica di punta. La Uefa stessa lo considera uno degli impianti più belli d’Europa. E quindi del mondo

Un comitato per difendere quella che il Times definì (nel 2009) “un’astronave atterrata nella periferia milanese”. Ne fanno parte vari extraterrestri: Mazzola, Moratti, Rivera. Pure Laura Pausini.

Qui vedo ogni giorno cosa fa il Real Madrid per salvaguardare il Bernabeu e allo stesso tempo assicurargli un futuro di livello mondiale. Perché non fare lo stesso con San Siro? Perché esporsi a un impatto economico e ambientale devastante?

Sarebbe d’accordo anche nonno Peppìn. Il nipote ne è sicuro.

Da calciatore ci ha giocato poco. Ma già all’epoca veniva considerato lo stadio del futuro: lui oggi lo difenderebbe a spada tratta. A prescindere dalla cerimonia del 2 marzo 1980. Il nonno ci sgridava eh, quando io e gli altri bambini facevamo casino: alla partita bisognava sempre stare attenti. Quando le lancette dell’orologio indicavano la mezz’ora del secondo tempo, era il momento di alzarsi e andare verso la macchina: detestava trovare traffico.

Per i comuni spettatori – scrive il Foglio – “tuttora una cafonata. Ma a casa sua ognuno è re”.

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