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Questo Verona è la kryptonite del Napoli

Con Juric o con Tudor, il loro gioco li rende avversari geneticamente complicati per gli azzurri. Solo una volta il Napoli ha scoperto il bug della loro difesa

Questo Verona è la kryptonite del Napoli
Napoli 07/11//2021 - campionato di calcio serie A / Napoli-Hellas Verona / foto Insidefoto/Image Sport nella foto: Luciano Spalletti

Valore assoluto e caratteristiche di squadra

Nel valutare il risultato finale (ma anche l’andamento) di Napoli-Verona 1-1, bisogna tener conto di un aspetto fondamentale: per quanto i giocatori di Spalletti siano più forti di quella di Tudor, resta il fatto che quella gialloblù è una squadra destinata a mettere in difficoltà il Napoli. Proprio per le sue caratteristiche, quindi per la sua anima, il suo stile. Questa difficoltà si è manifestata ancora di più in una gara che gli azzurri hanno dovuto affrontare senza Koulibaly, disputata a poche ore di distanza dalla trasferta di Varsavia, al termine di un ciclo da sette partite in ventuno giorni, con Osimhen e Insigne al rientro dopo l’assenza dovuta a problemi fisici. Questi non sono alibi, ovviamente. Ma restano dei fatti che, molto probabilmente, hanno condizionato una partita già molto difficile, perché giocata – come detto – contro degli avversari geneticamente complicati per gli azzurri. Al di là del loro valore assoluto.

Tutto nasce dai principi di gioco dell’Hellas. Quelli che Tudor, dopo il breve e infelice interregno di Di Francesco, ha ripristinato dopo il bellissimo biennio con Ivan Juric in panchina. Anche contro il Torino – l’attuale squadra di Juric – il Napoli ha fatto molta fatica a portare a casa il risultato. Nella gara del 17 ottobre contro i granata, la squadra di Spalletti riuscì a sbloccare il risultato solo grazie a un colpo di testa piuttosto rocambolesco di Osimhen a pochi minuti dal termine; prima, gli azzurri furono inibiti dalla difesa ipertrofica degli avversari, dalla loro ininterrotta volontà di accorciare il campo in ogni situazione. E da una marcatura a uomo – dallo stile piuttosto vintage – su Victor Osimhen.

Nel frame in alto, Günter rimane basso per seguire Osimhen mentre i suoi compagni guadagnano un po’ di metri; sopra, invece, il centrale del Verona esce sul nigeriano accompagnandolo fin sulla fascia destra. In questo modo, alternativamente, Tudor ha tolto profondità ma anche ampiezza al gioco di Osimhen.

Il turno di Günter, di nuovo

Esattamente come avvenuto tre settimane fa, anche stavolta Osimhen è stato seguito come un’ombra da un difensore avversario. Allora si trattò di Bremer. Nella fattispecie di ieri sera, questo ruolo è toccato a Koray Günter – lo stesso marcatore fisso che aveva disinnescato l’attaccante nigeriano nell’ormai storico Napoli-Verona 1-1 dello scorso campionato. Anche Tudor ha ripetuto lo stesso copione, così da togliere aria e profondità al centravanti del Napoli. I dati dimostrano che questa strategia ha funzionato. Anzi, diciamolo meglio: ha funzionato di nuovo. Osimhen, infatti, ha messo insieme 3 tiri, ma 2 di questi sono arrivati da fuori area. Insomma, non proprio la specialità della casa.

L’altra conclusione è ovviamente quella finita sul palo alla destra di Montipò al tramonto del primo tempo. Ecco, quell’azione mostra esattamente come si fa a superare un sistema difensivo come quello del Verona. Il Napoli ci è riuscito in pochissime occasioni, per merito degli avversari ma anche perché i suoi giocatori creativi – nel dribbling, nell’ultimo passaggio, nello spunto personale – non sono stati brillanti come Politano in questa occasione. Qui l’esterno ex Inter e Sassuolo è stato bravissimo nel mandare a vuoto il pressing di Casale con una semplice – ovviamente solo a dirsi – finta di corpo per far scorrere il pallone.

Aprirsi il campo senza neanche toccare il pallone

Come tutti i sistemi calcistici del mondo, anche quello difensivo del Verona ha un bug: quando viene bypassata una delle marcature – solitamente a uomo – utilizzate per accorciare il campo, si creano delle vere e proprie voragini da attaccare, in cui correre liberamente. Basta riguardare il video appena sopra per rendersi conto di quanto spazio c’è alle spalle di Casale, e di fronte a Politano, dopo che quest’ultimo è riuscito a far scorrere il pallone oltre il terzino del Verona. L’unico giocatore che non deve rinculare velocemente all’indietro per coprire l’area è Günter. Che, come si vede nelle immagini qui in basso, deve essere considerato un elemento a parte rispetto ai suoi compagni, un giocatore arretrato il cui unico compito era quello di assorbire i movimenti di Osimhen. Una volta in avanti, una volta all’indietro, un’altra ancora sulle fasce laterali. Ne abbiamo già parlato sopra.

In alto, le posizioni medie delle due squadre in fase di non possesso, tra primo e secondo tempo. Si vede chiaramente come Günter (il numero 21 dell’Hellas) tenga una posizione da libero vecchio stampo, ma in realtà sia il marcatore fisso di Osimhen.

Ciò che rende moderno e rognoso il sistema difensivo del Verona si legge proprio in questi screen tratti dal sito della Lega Calcio. Mentre Günter teneva a bada Osimhen col fisico o anche solo col pensiero, tutti i suoi compagni andavano ad attaccare gli avversari uomo su uomo, con una costanza e una dedizione incredibili. È per questo che Spalletti ha parlato di «giocatori che ti mettono le mani addosso» nelle interviste del postpartita: per mantenere questa intensità così elevata, i giocatori del Verona devono essere molto aggressivi nei loro posizionamenti ma anche nei loro comportamenti in marcatura. Insomma, per dirla in poche parole: devono provare ad anticipare e/o seguire il proprio avversario del momento a tutto campo, e non devono farselo sfuggire. A costo di entrare in maniera dura.

Sempre Spalletti, nel postpartita, ha parlato di «falli nella metà campo» alludendo ovviamente all’aggressività degli avversari, al fatto che ricorressero sistematicamente a questa «nuova tecnica» proprio per poter mantenere alta l’intensità della fase difensiva. In effetti si tratta di una lettura realistica: come si vede negli screen appena sotto, il Verona ha vinto 7 contrasti (su 9 tentati) e commesso 10 falli oltre la linea del proprio centrocampo. Sono cifre simili a quelle del Napoli (8 contrasti vinti su altrettanti tentati e 8 falli nella metà campo dell’Hellas), ma il punto è proprio questo: il Verona gioca sempre un calcio difensivamente ambizioso, anche quando – almeno in teoria – la sua qualità è inferiore a quella degli avversari. E questo, ovviamente, deve considerato un merito di Tudor e del suo progetto.

In alto, tutti i contrasti tentati dai giocatori del Verona; sopra, invece, i falli commessi dai calciatori allenati da Tudor

Il Verona, per dirla velocemente, è una squadra che ha un’identità definita e profondissima. Che pratica un calcio perfettamente calibrato sulla fisicità, sullo spirito di sacrificio e sull’ambizione di un gruppo di giocatori assemblato in maniera coerente. E che Tudor ha ripreso ad allenare nel modo giusto, cioè quello che a loro è più congeniale. Per cercare di venire a capo di questo rebus – cioè per evitare che il gap fisico e di aggressività tra il suo Napoli e l’Hellas – Spalletti ha fatto scelte più radicali rispetto al recente passato: il 4-2-3-1 fluido utilizzato finora in campionato è diventato più ortodosso, con Zielinski stabilmente nello slot di sottopunta alle spalle di Osimhen; in alcuni momenti, lo schieramento del Napoli è stato così rigido che lo scivolamento in fase difensiva non determinava l’ormai consolidato 4-5-1, piuttosto un 4-4-2 puro con Zielinski accanto a Osimhen nel primo pressing sulla costruzione avversaria.

Non lo sapremo mai con certezza, ma possiamo dedurre che la scelta di Spalletti puntasse a creare degli scompensi alla difesa a tre del Verona attraverso la presenza di un giocatore in più nella trequarti avversaria, alle spalle del doble pivote formato da Tameze e Veloso. In realtà Tudor ha un po’ aggiustato la sua squadra in fase difensiva, invertendo il vertice del triangolo e arretrando di qualche metro Barak. In questo modo, si è creato uno scontro alla pari, almeno nella trequarti della squadra ospite, con le seguenti coppie: Barak-Fabián; Veloso-Anguissa; Tameze-Zielinski; Davidowicz-Insigne; Ceccherini-Politano; Günter-Osimhen. Quest’ultima coppia era quella più indissolubile, e ne abbiamo già parlato abbondantemente; le altre erano più fluide, anche perché pure i due esterni a tutta fascia del Verona (Casale e Faraoni) venivano spesso ad aiutare ai loro compagni.

In questo frame, si vedono chiaramente le coppie determinate dalle marcature predisposte da Tudor e il triangolo rovesciato a centrocampo.

Cos’è mancato al Napoli

In un contesto del genere, solo più azioni e intuizioni come quella di Politano avrebbero potuto far saltare il banco. Non è andata proprio così, l’abbiamo già detto: i giocatori creativi del Napoli non hanno dato gli impulsi necessari alla manovra. Ora svilupperemo in maniera più approfondita questo concetto: Insigne, pur nell’ambito di una prestazione volenterosa (4 conclusioni e 6 dribbling tentati), non ha mai centrato lo specchio della porta, è riuscito a superare solo 2 volte il suo avversario diretto e ha completato l’80% dei passaggi complessivi e solo il 50% di quelli lunghi; inoltre, ha calciato malissimo tutte le punizioni. Non a caso, anche quella da cui è scaturito il gol è stata comodamente respinta dalla difesa avversaria prima dell’assist decisivo di Fabián Ruiz.

Non meglio di Insigne hanno fatto Zielinski (un solo dribbling riuscito e un tiro in porta), Politano (zero dribbling riusciti, ma almeno un’occasione creata) e poi anche i subentrati Lozano ed Elmas. Mertens ha giocato troppo poco per essere giudicato andando oltre la punizione con cui ha colpito il palo, e forse il suo ingresso piuttosto tardivo, al minuto 86′, è un appunto nei confronti di Spalletti: forse il tecnico del Napoli avrebbe potuto provare a forzare prima la partita con le sostituzioni. Infine, anche Fabián Ruiz e Anguissa sono stati meno brillanti rispetto alle loro esibizioni recenti, infatti hanno toccato un numero di palloni inferiore (89 lo spagnolo, 56 il camerunese) rispetto al solito. Anche in questo caso, però, i demeriti dei giocatori azzurri vanno considerati almeno alla pari con i meriti del Verona.

In questa mappa, ci sono tutti i tiri tentati dal Napoli. La maggior parte sono tutti da fuori area. Il dato più significativo è che solo uno di questi è entrato nello specchio della porta: quello scoccato da Di Lorenzo e che è valso il pareggio.

E ancora meriti del Verona

Il punto è che l’ottima partita della squadra di Tudor non si è esaurita nel puro gioco ostruzionistico/limitativo di cui abbiamo parlato finora. Nel postpartita Spalletti ha detto che «l’atteggiamento difensivo dei nostri avversari ha fatto sì che ci allungassimo, e in questo modo loro hanno potuto fare il calcio che volevano». È un discorso che va oltre la marcatura su Osimhen, il pressing continuo, il gioco delle coppie in fase difensiva. Quando ha impostato il suo gioco, infatti, il Verona ha mostrato di possedere una sua personalità, dei meccanismi avanzati, una certa qualità. L’idea dei giocatori di Tudor è sempre quella di muovere il pallone tra le linee degli avversari, trovando i movimenti dei due trequartisti (Barak e Caprari) che convergono al centro del campo, oppure gli attacchi alla profondità di Simeone supportati sempre dai trequartisti e/o dai laterali a tutta fascia.

Una delle migliori azioni viste quest’anno allo stadio Maradona

Una squadra che attacca in questo modo, senza buttare mai via la palla, va a nozze con una che deve necessariamente provare ad allungarsi per provare a vincere la partita. Non a caso, viene da dire, l’Hellas è riuscito ad accumulare più tiri in porta (1-3) e praticamente lo stesso numero di conclusioni all’interno dell’area (8-7) rispetto al Napoli. Questi numeri e l’azione che abbiamo visto appena sopra sono un saggio di tattica calcistica contemporanea, in quanto spiegano quanto sia profonda la correlazione tra strategia difensiva e offensiva. Quanto siano entrambe fondamentali per poter mettere in difficoltà un avversario più forte. E infatti tra le grandi solo il Milan, tra l’altro rimontando da 0-2, è riuscito a battere il Verona di Tudor; Lazio e Juventus sono state sconfitte, il Napoli ha pareggiato al termine di una partita equilibrata.

Questo vuol dire che il Verona vincerà o al massimo pareggerà tutte le partite da qui a fine campionato? Ovviamente no, perché resta una squadra con valori buoni ma non eccelsi. Solo che, ripetiamo, ha – o meglio: è – tutto ciò che è necessario per mettere in difficoltà il Napoli. Mentre, per esempio, è destinata a fare più fatica contro squadre che lasceranno volutamente il controllo del pallone – i pareggi contro Salernitana, Genoa e Udinese evidenziano proprio questo punto. Può sembrare paradossale, ma è così: un Verona si trova più a suo agio contro un Napoli che quando affronta squadre di livello pari o inferiore al suo.

Conclusioni

Il Napoli, per la prima volta in questa stagione, ha pagato la sua identità mutevole. O meglio: non ha trovato la giocata, il guizzo necessario per vincere una partita in cui non è riuscito a prevalere dal punto di vista tattico. È il contrappasso per le (tante) vittorie raggiunte finora cambiando costantemente identità e meccanismi di gioco, rifiutando la specializzazione. Contro una squadra dal dna ben definito e che, come detto, sembra fatta apposta per mettere in difficoltà il Napoli, ci sarebbe voluto qualcosa di più nel palleggio. Nelle combinazioni strette. Nel gioco palla a terra. Oppure, ripetiamo, qualche intuizione in più dei singoli.

Come sottolineato già in altre occasioni in questa rubrica, Spalletti deve lavorare proprio sulle alternative. Sull’espansione dei meccanismi offensivi a disposizione della sua squadra. Anche perché il rendimento della difesa è stato positivo anche in una serata di difficoltà tattica come quella vissuta contro il Verona: ai 3 tiri dell’Hellas di cui abbiamo già detto va aggiunta solo un’altra occasione pericolosa, quella capitata a Barak poco dopo la mezz’ora e su cui è stato decisivo Rrahmani. Si tratta di una cifra significativa ma non altissima, se consideriamo che il Verona ha segnato 22 gol nelle ultime 9 partite. E, soprattutto, tenendo conto dell’assenza di Koulibaly.

In virtù del risultato di Milan-Inter, che non ha modificato le distanze in classifica, Spalletti può essere moderatamente soddisfatto. Perché il Napoli non perde, e questo non è mai un caso. Né un dettaglio. E perché affronterà il Verona solo un’altra volta. Nel frattempo potrà/dovrà sviluppare l’abilità e la consapevolezza del Napoli-senza-Osimhen, cioè di una squadra privata – per scelta, per contingenze, per meriti degli avversari – della profondità garantita dal suo centravanti. È l’ultimo step che manca, e c’è tutto quello che serve per riuscire a farlo.

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