L’ex attaccante della Lazio racconta alla Sueddeutsche Brasile-Germania 1-7, il Mineirazo. E quel ct che “emanava una calma brutale”

Ci sono dei momenti, nella storia del calcio, puntellati dai numeri. Bastano quelli. Uno è Brasile-Germania 1-7. Meglio conosciuta come il Mineirazo. Un’onta epocale per i brasiliani, una festa mai vista per i tedeschi. Il ct di quella Germania era Joachim Löw, detto Jogi. In una lunga intervista alla Sueddeutsche Zeitung Miroslav Klose racconta quella notte magica, ma soprattutto il suo allenatore. Un mito un po’ decaduto del calcio tedesco.
Intervallo, la Germania è già avanti 5-0. Che dice Löw alla squadra?
“Ci ha avvertito. Ci ha frenati. Si è rivolto chiaramente ai giocatori che hanno la tendenza a fare i giocolieri o a sfottere l’avversario. Ha detto: ‘Attenti, non voglio che ridicolizziamo i brasiliani nel secondo tempo’. ‘Mesut (Ozil, ndr), niente colpi ad effetto, ora!’. Riesco ancora a sentire il suo discorso oggi e ho ancora la pelle d’oca. Un allenatore potrebbe trionfare in un momento come quello. Perché tutto ha funzionato, per come lo aveva pianificato, ma Jogi ha fatto appello a noi come squadra per portare a termine la cosa con dignità. Voleva davvero vincere la partita, ma ha anche mostrato rispetto per il suo avversario. Questo rispetto è sempre stato importante per Jogi, lo ha sempre distinto”.
Sono giorni perfetti, quelli, per la Germania. Un tempo sospeso in cui si udì Löw urlare a Mario Götze “Mario, mostra al mondo che sei migliore di Messi”.
“Löw – racconta Klose – è sempre stato molto vicino ai giocatori, proprio come Hansi Flick. Se l’allenatore trasuda una certa scioltezza in tutta serietà, si ripercuote sulla squadra. Anche quando guardava il calcio la sera, non tirava fuori la testa, era uno di noi. Questo mi ha sempre affascinato. Irradiava una calma brutale. Ma tendeva ad essere scontroso quando noi giocatori avevamo la sensazione di star giocando bene”.