«Il padel è lo sport più inclusivo. Può essere praticato da chiunque e aiuta a socializzare»
Il ct della nazionale italiana, Gustavo Spector, a La Verità: «A differenza del tennis, se sbagli un colpo puoi rifarti subito. E' uno sport che dà gioia»

Su La Verità un’intervista a Gustavo Spector, “mister padel”. E’ il commissario tecnico della nazionale e coach dei maestri federali. Classe 1969, è argentino, viene da Tucuman. E’ stato il pioniere di questo sport che oggi conta più di mezzo mezzo milione di giocatori in Italia e 3mila campi su cui giocare.
Racconta che alla fine del 2001 volle informarsi sullo stato del padel in Italia: scoprì che si giocava quasi solo a Bologna, dove c’erano 4 campi (un altro era a Vicenza, uno a Bari, ma isolati). I giocatori che praticavano il padel erano circa 300, solo una cinquantina erano i tesserati alla federazione. Eppure i primi campi erano stati montati nel 1991.
«“Possibile che uno sport così divertente non sfondi?”, mi dicevo. Così, nel 2012 ho comprato il primo campo e l’ho montato in un circolo a Peschiera Borromeo, appena fuori Milano».
Oggi il padel è un fenomeno in espansione. Il motivo?
«Perché è coinvolgente. È lo sport più inclusivo perché può essere praticato da chiunque, da un ottantenne o da una donna di qualsiasi età. In certe città la presenza femminile sfiora il 50%».
Continua:
«Essendo semplice, possono giocarlo tutti. Un po’ come avviene per il ping pong e il calcetto, anche il padel si può iniziare a giocare subito. Si può entrare in campo e giocare, senza passare da lunghe fasi di apprendimento. Il principiante, senza una lezione, può cominciare a giocare. Nel padel basta che ti spieghino le regole e riesci a divertirti. Poi c’è un altro fatto che spiega il fenomeno. Le persone adulte hanno trovato uno sport che li aiuta a tenersi in forma, divertirsi e socializzare. Perché una delle componenti principali del padel è la socializzazione».
Spiega:
«Nel tennis, a fine partita lo sconfitto è scontento e sedersi al bar a fare due risate non è così automatico. Nel padel, che si gioca in doppio, è abitudine nel corso della stessa partita scambiare i compagni. Perché una regola importante è che, quando si perde il punto, la colpa è sempre del compagno. Se si è perso con uno, si vuol vincere giocando con un altro».
E poi i tempi sono rapidissimi:
«I tempi morti tra un punto e l’altro sono minimi e il passaggio dall’insuccesso al successo può essere rapido. Si ha subito l’opportunità di superare il senso di frustrazione per un errore. Nel golf e nel tennis le sensazioni negative durano più a lungo».
A spingere il pubblico verso il padel è anche il fatto che lo pratichino tanti ex calciatori.
«Tra quelli con cui ho giocato io, il più forte è Esteban Cambiasso».
E conclude con un consiglio a chi è all’inizio:
«Primo: direi che, anche se non è necessario, fare i primi passi con un maestro aiuta. Secondo: a chi non ha mai giocato direi assolutamente di provare, perché è uno sport che dà gioia».