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Razzismo negli stadi, siamo fermi a Inter-Napoli 2018 (Koulibaly). Si riparte dalle stesse ambiguità

Mazzoleni ignorò i buu razzisti, Koulibaly venne espulso. Salvini e Gravina si dichiararono contrari allo stop alle partite. Il Covid ha spazzato via tutto. Il codice di giustizia sportiva riflette l’ambiguità del calcio

Razzismo negli stadi, siamo fermi a Inter-Napoli 2018 (Koulibaly). Si riparte dalle stesse ambiguità
Db Milano 26/12/2018 - campionato di calcio serie A / Inter-Napoli / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Kwadwo Asamoah-Kalidou Koulibaly

A questo giro l’aspetto sorprendente è stata la reazione nei confronti degli insulti razzisti ai giocatori del Napoli, in particolar modo a Koulibaly. Una reazione da Paese civile, insolita dalle nostre parti. Una fetta importante del merito va data a Dazn che domenica sera ha trattato la notizia col rilievo che avrebbe avuto nel Regno Unito, con commenti inequivoci da parte del giornalista in studio. Anche questo accade con scarsa frequenza in Italia. Un altro passaggio importante è stato quello della Fiorentina con Joe Barone che ha chiesto scusa e con un comunicato in cui il club si è impegnato a prendere provvedimenti nei confronti dei responsabili. A catena, è venuto il resto. È stata sorprendente anche la solerzia degli ispettori della Federcalcio, sta indagando anche la Digos. Vedremo che cosa partorirà questa montagna. Non sappiamo, magari Dal Pino – l’unico vero manager del calcio italiano – ha fatto presente ai suoi colleghi che oltre i confini il razzismo è una cosa seria, con ricadute sugli introiti pubblicitari. “Fatturati”, avrà detto in qualche chat collettiva. Parola che avrà magicamente catturato l’attenzione dei presenti.

Rispetto alle precedenti occasioni, è mancato il Bonucci che tira le orecchie a Moise Kean; o il Chiellini che confonde i razzisti con i nazisti. Insomma è mancata la rappresentazione plastica dell’essenza italiana che è un Paese che ha evidentemente problemi con la diversità. Ci ha però pensato il presidente della Federcalcio Gravina a ricordarci perché in Italia non è mai successo nulla, appellandosi al problema culturale. In Italia le pene per il razzismo negli stadi sono semplicemente ridicole, con un codice di giustizia sportiva che riflette le ambiguità del sistema calcio. E sì che da Zoro a Boateng fino ai giorni nostri, i casi sono stati tantissimi. Vale la pena ricordare che da noi, quando il calcio non lo trasmetteva Dazn, la cosiddetta discriminazione territoriale venne derubricata a goliardata.

Il Napoli ha annunciato che uscirà dal campo ai prossimi ululati razzisti. In realtà è già successo. In un Lazio-Napoli (arbitro Irrati) Koulibaly si fermò, manifestò l’intenzione di non giocare più. Poi, fu convinto a proseguire. In un Sampdoria-Napoli l’ex arbitro Gavillucci sospese la partita per cori di discriminazione territoriale. Fino a Inter-Napoli del dicembre 2018 con i buu nei confronti di Koulibaly, cori ignorati dall’arbitro Mazzoleni che poi espulse il calciatore. Quei cori costarono la squalifica di due giornate dello stadio per le partite casalinghe dell’Inter.

Fu quello il periodo in cui si tornò a discutere di sospendere le partite in caso di manifestazioni di razzismo. Il ministro dell’Interno era Matteo Salvini che a Tiki Taka elogiò Mazzoleni per non aver fermato l’incontro. «Immaginate cosa sarebbe successo», disse in riferimento anche agli scontri avvenuti prima del match, scontri che portarono alla morte dell’ultras Belardinelli (del Varese ma in azione con gli interisti contro i napoletani).

Intervenne anche il presidente della Federcalcio Gravina che dichiarò:

“L’arbitro non può sospendere le partite in caso di cori razzisti. Il direttore di gara non può valutare i rischi che la sospensione di una gara può avere in termini di ordine pubblico. Ne parliamo da un decennio, ormai: la soluzione del problema spetta al Ministero, di cui è competenza specifica”.

Dopodiché arrivò il Covid che travolse tutto e svuotò gli stadi.

Nel frattempo, però, i club sono stati tutelati dal codice di giustizia sportiva che all’articolo 28 prevede sì pene esemplari – fino alla perdita della gara – per comportamenti discriminatori. Ma, attenzione, all’articolo 29 prevede una serie di esimenti per i club, In sostanza se i club dimostrano di aver messo in campo tutto i comportamenti possibili per evitarli (come ad esempio le dichiarazioni di Commisso prima di Fiorentina-Napoli), una piena collaborazione con le forze dell’ordine per la prevenzione e l’identificazione dei responsabili.

Anche nel codice il calcio usa il bilancino, si ispira al “problema culturale” di cui ha parlato Gravina. Alza le mani in nome del principio che “non è colpa nostra”. Come se nulla potesse essere fatto per allontanare i razzisti dagli stadi. Basta, tutto sommato, la buona volontà dei club che continuano a essere considerate vittime. L’ambiguità della norma resta. Al momento, sembrano cambiati l’attenzione mediatica e il comportamento dei club come dimostrato dalla Juventus per gli insulti nel corso del match col Milan. Non è poco ma non sappiamo se sarà sufficiente.

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