«Abbiamo contattato i club di Serie A per coinvolgerli nella lotta all’antisemitismo: hanno risposto solo in tre»
La presidente dell'Unione Comunità Ebraiche alla Gazzetta: «Bologna, Milan e Fiorentina. La Lazio? Portare i fiori ai campi di sterminio non basta»

Db Auronzo di Cadore (Bl) 23/07/2021 - amichevole / Lazio-Triestina / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Olimpia
Ieri l’Unione delle Comunità ebraiche è intervenuta sul caso del falconiere della Lazio attraverso il suo presidente, Noemi Di Segni.
«Davanti all’ostentazione di gesti e di simbologie che rievocano ideali fascisti non possono esserci ambiguità e tentennamenti. Il comportamento dell’addestratore dell’aquila Olympia non lascia spazi a dubbi. Intervengano società e Federazione con la massima urgenza ed efficacia. Via i fascisti e gli odiatori dal mondo del calcio. Un odio che dal campo si propaga in ogni piazza».
Oggi la Gazzetta dello Sport intervista la Di Segni. Non basta l’intervento della Lazio, dice, che ha sospeso il falconiere. Ci vuole qualcosa di più.
«Non basta il gesto della singola squadra, o della Federazione. Credo serva un intervento anche del legislatore per valutare la rilevanza penale che possono avere gesti e parole come quelle nel video. Oggi il reato di apologia del fascismo è molto circoscritto e legato a una situazione in cui si debba dimostrare la volontà di ricostruire il partito fascista, sennò è un gesto e rimane lì, specialmente quando si palesa in un gruppo».
Il problema non è solo della Lazio, è molto più ampio. la Di Segni annuncia che è pronto un piano di lotta all’antisemitismo.
«Un punto di partenza però c’è: con l’Unaar e la presidenza del Consiglio abbiamo preparato un piano di lotta all’antisemitismo. Riguarda anche il calcio, ma è fermo sulla scrivania della presidenza del Consiglio».
La Di Segni continua:
«Basta chiacchiere. Abbiamo contattato le squadre, alcune hanno risposto: il Bologna, il Milan e la Fiorentina. A loro e a chi vorrà aderire abbiamo proposto di rivedere i propri codici di condotta, di valori e di prendere misure. Non tutti hanno risposto, non vuol dire che non condividano questo impegno, ma non si può più aspettare».
Nel 2017, Lotito venne alla sinagoga, portò fiori e promise: «Ogni anno porteremo 200 tifosi nei campi di sterminio».
«Non li abbiamo visti: si è pure aggiunto l’alibi del Covid. Questo potrebbe essere un punto da cui partire: resto convinta che chi incontra i sopravvissuti allo sterminio sviluppi un consapevolezza e una sensibilità diversa. E non li troveremmo in questi video».
La Lazio l’ha chiamata? Se la invitassero a una iniziativa?
«Nessuno mi ha chiamato dalla Lazio. Se ci fosse un invito a nuove iniziative stavolta vorrei prima vedere qualcosa di molto concreto. Venire con i fiori – come voleva fare la Meloni e mi sono battuta perché non avvenisse – non è il modo per un cambiamento culturale. Non è davanti alle telecamere che si esplicita un impegno…».