ilNapolista

Mbappé e Insigne, ciascuno ha il tormentone che si merita

Quello del francese è un tormentone liquido, bagnato dai soldi. Il nostro è di figura. Figlio dell’indecisionismo di De Laurentiis reduce da due anni di confusione

Mbappé e Insigne, ciascuno ha il tormentone che si merita
Db Bologna 04/06/2021 - amichevole / Italia-Repubblica Ceca / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Lorenzo Insigne

Massimo Troisi discuteva con Lello Arena e negava che esistesse una catalogazione dei miracoli, quello da cento punti e quello da cinquanta. Per i tormentoni, però, è diverso. Ciascuno ha il tormentone che si merita, verrebbe da dire. O anche, e ci piace di più, Napoli è periferica persino nei tormentoni.

Nell’estate 2021, contraddistinta da eventi drammatici che segneranno la storia, anche le miserie calcistiche stanno vivendo passaggi epocali. Come quello di Lionel Messi dal Barcellona al Psg. Ma non sarà il solo. Perché la vicenda Mbappé ci suggerisce che non è la scadenza di contratto a influenzare il mercato. Mbappé ha la medesima vicenda contrattuale di Insigne eppure il Real è pronto a sborsare 120 milioni per portarlo a casa. Non è il contratto a fare la differenza, ma il calciatore.

Quello di Mbappé è un tormentone dinamico. Liquido, nel senso di soldi. Tanti. Il tormentone napoletano, manco a dirlo, è statico. È un gioco del fazzoletto. Ciascuno mette a segno la propria finta ma nulla si muove. Perché è un tormentone non bagnato dal fiume di denaro. È un tormentone di figura, si direbbe nelle arti marziali.

Tormentone dovuto anche alla gestione quantomeno confusa – e ci teniamo bassi – di De Laurentiis negli ultimi due anni. Il Covid c’entra fino a un certo punto, a differenza di quanto sostiene il presidente. C’entra nelle conseguenze, non negli effetti.

Non è colpa del Covid se il Napoli non ha venduto i calciatori di fronte a offerte irrinunciabili.

Non è colpa del Covid se, a parte qualche azione scenografica, il club ha subito l’ammutinamento finendo con l’inginocchiarsi ai giocatori.

Non è colpa del Covid se l’animo reazionario si è impossessato del club e un reale progetto di rinnovamento è stato buttato a mare per tornare, con Gattuso, a un sarrismo di maniera. Che ha finito col riportare Insigne al centro della scena: da calciatore con la valigia, e Raiola procuratore, a presunto insostituibile. Senza dimenticare che con l’Insigne elogiato da quasi tutti, siamo arrivati settimi e quinti. E i dirigenti responsabili dell’arretramento sono tutti là, in prima fila, più o meno sorridenti.

De Laurentiis non ha brillato per decisionismo. Ha indugiato nel tatticismo in attesa del vento buono. Che però non è mai arrivato. Si è finiti col rinnovo milionario a Mertens, con lo spendere un bel po’ di soldi sfusi per Lobotka Politano Demme Rrahmani Petagna e col tenere Insigne in un limbo. Quando non si sceglie, c’è il rischio che le cose sfuggano di mano. E per scelta intendiamo anche il rinnovo del capitano, considerarlo come inamovibile. Si può cambiare idea, ci può stare.

Una considerazione dobbiamo farla: ogni qual volta De Laurentiis ha assunto decisioni gradite alla piazza, poi ne ha subito le conseguenze. Si è “rovinato” per non aver venduto, non per altro. È per questo che abbiamo apprezzato la scelta di gestire la maglia in proprio. Ha preso una decisione vivaddio. E se le divise arrivano ad agosto anziché a luglio, francamente fa zero differenza. Non è da questi particolari che si giudica un presidente. Però si giudica dalle idee, dalla visione, dalla capacità di guidare gli eventi e non di subirli. Come ha scritto oggi Arrigo Sacchi sulla Gazzetta dopo aver manifestato il suo apprezzamento per Spalletti:

Però un allenatore non è un mago: l’ambiente che lo circonda è determinante. La cosa peggiore non è non avere soldi, ma non avere idee e un ambiente abituato a vincere.

La cosa peggiore è non avere idee. Ecco a noi oggi De Laurentiis appare così. Non si spiega altrimenti l’imperversare del tormentone Insigne. Ci pare che lentamente il Napoli si stia impantanando nelle sabbie mobili dell’ambiente. L’augurio è che ci stiamo sbagliando. Spalletti continua a sembrarci un’ottima inversione di tendenza ma, come dice Sacchi, “un allenatore non è un mago”. L’ambiente non si può cambiare. Serve che De Laurentiis torni De Laurentiis.

ilnapolista © riproduzione riservata