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«Non ho aperto all’antidoping perché ero traumatizzata da un aborto». Così McNeal salterà Tokyo

La campionessa olimpica del 2016 nei 100 metri a ostacoli è stata sospesa per 5 anni dopo aver saltato un controllo: “Ero a letto, non ho sentito gli ispettori”

«Non ho aperto all’antidoping perché ero traumatizzata da un aborto». Così McNeal salterà Tokyo

Brianna McNeal, la campionessa olimpica del 2016 nei 100 metri a ostacoli che il mese scorso si è qualificata per la sua seconda Olimpiade, non andrà a Tokyo per aver saltato un controllo antidoping. Il motivo l’ha reso pubblico la stessa atleta statunitense: “Ero a letto, avevo subito un aborto due giorni prima. Per questo non ho aperto agli ispettori antidoping”.

McNeal – scrive il New York Times – ha offerto la sua prima spiegazione pubblica, dicendo che si sentiva costretta a divulgare informazioni personali per riabilitare il suo nome. Il mese scorso, McNeal, è stata sospesa per cinque anni per “manomissione nel processo di gestione dei risultati”, non ha effettuato un test antidoping due giorni dopo l’aborto. McNeal ha detto che era a letto per riprendersi dalla procedura e non ha sentito l’ufficiale antidoping arrivare alla porta d’ingresso della sua casa a Northridge, in California.

Ma la sospensione fa seguito ad una squalifica di un anno comminata quattro anni fa per aver saltato tre test in un periodo di 12 mesi. McNeal aveva affermato di aver dimenticato due volte di aggiornare la sua posizione nel sistema che tiene traccia degli atleti per i test casuali. In una terza occasione, ha detto, ha sbagliato a inserire l’ora in cui sarebbe stata disponibile.

Ha detto che “non si sta dopando e non si drogherà mai”. in realtà McNeal non è accusata di essersi dopata. Diversi difetti nella documentazione che ha presentato per dimostrare di aver abortito sono la ragione per cui la sua carriera potrebbe essere effettivamente finita.

La Corte Arbitrale dello Sport in Svizzera sta esaminando il suo caso e prenderà una decisione entro venerdì, hanno detto i suoi avvocati.

“Dicono di proteggere gli atleti puliti, ma io non mi sento affatto protetta. Mi sento come se fossi stato giudicata per questa decisione molto importante che ho preso e che ha davvero influenzato la mia vita”, ha detto l’atleta.

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