Donati: «Con Schwazer fuori dalle Olimpiadi via libera a chi bara. Senza soldi un atleta non può difendersi»
A Libero: «Nel mio libro ci sono i nomi dei fiancheggiatori italiani. Alex ha pagato 100mila euro di spese legali: la domanda per il ricorso al Tas costa 21mila euro. Il Cio apra un'inchiesta»

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Nella sua battaglia contro la Wada, Alex Schwazer ha sempre avuto al suo fianco Sandro Donati. Che ora, alla questione, ha dedicato un libro. Si intitola “I Signori del Doping”, ed è edito da Rizzoli. Ne parla in un’intervista a Libero.
«Ho scritto questo libro per rendere chiara la catena di complicità messa in piedi per distruggere me e Alex dalla Federazione mondiale di Atletica, dall’Antidoping della Wada, dal Laboratorio di Colonia, fino ai fiancheggiatori italiani. Chi sono? Se leggete lo scoprirete».
Spiega perché ha accettato di aiutare Alex.
«L’ho fatto dopo aver pensato alla sua vicenda così negativa: un atleta, oro olimpico, che da solo va in Turchia a procurarsi dell’Epo in una farmacia trovata su internet. Non ci credevo, ma è davvero andata così. E mi ha colpito che chiedesse il mio aiuto, io che ero estraneo ai “giri” della marcia. Alex è un ragazzo con personalità spiccata, la sua grandezza si è vista in questi anni di persecuzione: lasciando stare il periodo 2012-16, quando era giusto che pagasse, si è sempre dimostrato dignitoso e non vendicativo. Io invece riesco a vedere la malvagità di questa gente, l’ho verificata nel tempo».
Continua:
«Ho perso il sonno per salvare Alex da una infame imboscata nata per motivi personalistici di pochi e poi diventata affare enorme. Lo scrive anche il giudice negli atti di Bolzano. È vero che le istituzioni sono solite coprirsi a vicenda, ma stavolta sono andate oltre. Quando Iaaf eWada non volevano dare le urine per i controlli a Bolzano, anche il Laboratorio di Colonia si è schierato con loro».
Una cosa che lo ha sopreso
«Ma poi ripenso al processo di Parigi del 2020 è tutto diventa chiaro. L’ex presidente dell’Atletica Internazionale, Lamine Diack, è stato condannato a 4anni perché prendeva soldi per coprire il doping dei russi. All’ex responsabile dell’antidoping, Gabriel Dollé, hanno trovato 50mila euro nascosti nella lavatrice. I vertici dello sport si vendevano, quando dovevano essere i modelli».
Donati racconta che nella questione, all’inizio, ci è andato molto cauto.
«All’inizio sono stato estremamente cauto, ho esaminato le carte del processo di Bolzano, fatto centinaia di domande a lui. Gli facevo fare controlli a sorpresa, ogni 15 giorni lo portavo in un laboratorio di fisiologia: dopo circa un mese ho davvero capito che era una storia assurda. Con allenatori degni di questo nome Alex avrebbe vinto decine di titoli. Invece lui ha ceduto al dopig perché veniva regolarmente battuto da dopati che mai l’avrebbero potuto fare senza. È andato in tilt e l’hanno lasciato solo: invece di portarlo da uno specialista, quando era in depressione gli hanno prescritto anti-depressivi per email. Ne vogliamo parlare?»
Per Schwazer è stato un massacro economico.
«L’hanno massacrato, altro lato malvagio di questa gente. Loro possono assoldare quanti consulenti vogliono, tanto paga Pantalone. Il sistema è fatto in modo tale che chi non ha risorse non può difendersi. Alex ha speso più di 100mila euro per la parte giudiziaria e per fortuna che l’avvocato Gerhard Brandstätter l’ha “adottato” come un figlio, senza chiedergli un soldo. Sapete quanto costa aprire un procedimento davanti al Tas di Losanna? Ben 21mila euro, solo per fare la domanda. È per questo che io ho sempre messo fra virgolette le parole “giustizia sportiva”».
Gli atleti non sono adeguatamente tutelati.
«Le istituzioni possono prodursi tutta la documentazione che vogliono e a te, che devi dimostrare di essere innocente, la centellinano: solo grazie al procedimento di Bolzano abbiamo avuto in mano documenti che altrimenti non sarebbero mai emersi. Anche questo deve essere un monito per chi verrà, comprese le garanzie nei controlli antidoping. Il giudice di Bolzano ha dichiarato: “È più tutelato un produttore di latte della Brianza piuttosto che l’urina di un atleta”. Quando gli organismi di controllo vanno a prendere il latte lo sigillano e lasciano al produttore un campioncino di garanzia: all’atleta non viene lasciato niente. Se qualcuno manipola le urine, o le scambia, come si fa a dimostrarlo?».
Sarebbe stato diverso se ci fosse stata una terza provetta depositata in un laboratorio accreditato.
«Tutto ciò è colpa del sistema sportivo, che dovrebbe essere al di sopra delle parti: ma se il numero uno è a libro paga dei russi, viene sconfessato tutto. Su Alex è stato perpetrato un delitto sportivo. Questa storia mi auguro che serva da monito affinché non accada mai più a nessuno».
Con Schwazer fuori da Tokyo si fa strada altra gente non perfettamente cristallina.
«Averlo fuori dalle gare libera il campo per tutta altra gente, certamente non al di sopra di ogni sospetto. E oltre a far fuori lui, hanno fatto fuori anche me».
Il nome di chi ha alterato il campione di urina dell’atleta non è ancora noto.
«Lo sapremo se qualcuno parlerà, ma gli elementi che ho messo in fila nel libro, oltre a quelli portati dal gip Pelino sulla seconda manipolazione, per cancellare tracce della prima, vanno in una chiara direzione. Per questo il Cio dovrebbe agire e non solo pensare a fare le Olimpiadi a ogni costo per non perdere soldi. Dovrebbero aprire un’inchiesta, ma ancora non l’hanno fatto. Con che faccia possono dire agli atleti a Tokyo che possono stare sereni e va tutto bene?».