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Catherine Spaak: «Ho avuto la sfortuna di avere genitori molto leggeri. Come se non avessi mai avuto una famiglia»

A Il Giornale: «A nove anni sono finita in collegio perché avevano iscritto mia sorella Agnès che a scuola non andava bene. Quando uscii, mio papà mi diede un passaporto per andare ovunque»

Catherine Spaak: «Ho avuto la sfortuna di avere genitori molto leggeri. Come se non avessi mai avuto una famiglia»

Su Il Giornale, un’intervista a Catherine Spaak. Racconta la sua vita, che definisce complicata. E l’approccio con il cinema.

«Mio padre era uno sceneggiatore molto noto in Francia, era amico di Prévert e molti altri autori. Tra questi c’erano registi come Alberto Lattuada che veniva spesso in vacanza a casa nostra in Costa Azzurra. A mio papà lo disse spesso, parlando di me. “Questa bambina farà l’attrice”. E così è stato».

Sulla sua famiglia:

«In un certo modo potrei dire di non averne mai avuta una. Mio padre non lo vedevo quasi mai. Mia madre, che faceva l’attrice, neppure. A nove anni sono finita in collegio perché avevano iscritto mia sorella Agnès che a scuola non andava bene. Io avevo ottimi voti ma dovetti andarci lo stesso per “colpa” sua. Quando uscii, mio papà mi diede un passaporto, con una dichiarazione che mi autorizzava a varcare qualsiasi frontiera. Nessuna ragazza l’aveva».

Quando arrivò il cinema fu una benedizione.

«È stata un’ancora di salvezza. Sognavo l’indipendenza economica. L’idea di essere mantenuta da un uomo, sposarmi e sistemarmi mi faceva orrore».

Sul set incontrò suo marito, Fabrizio Capucci.

«Ci innamorammo e restai incinta. Era il ’62, avevo 17 anni e, per la mentalità dell’epoca era uno scandalo. Per di più, in un Paese straniero lontano dai familiari. Non me la cavai. Fui vittima della mia età. Ero ospite a casa Capucci, dopo il mio matrimonio con Fabrizio. Mi aggiungevo alla sorella Marcella e Roberto, già affermato stilista. Ma non mi sono mai sentita a mio agio. Presi la bambina e scappai. Loro non me la perdonarono e sporsero denuncia. Fui arrestata a Bardonecchia. In frontiera. Allora c’era la patria potestà, una donna non era veramente libera. Così mi riportarono a Roma con mia figlia, per tutto il viaggio in braccio a un carabiniere».

Il giudice le tolse sua figlia.

«La motivazione era, a dir poco, discutibile. Sosteneva che la madre, cioè io, essendo un’attrice, era “di dubbia moralità”. Quindi la bambina sarebbe rimasta con la nonna paterna. Hanno distrutto la mia vita. E quella di Sabrina».

Lei e la figlia non si sono mai più ritrovate.

«È stata una vendetta dei Capucci. Il lavaggio del cervello di Sabrina ha fatto il resto. Le hanno ripetuto: “La mamma è cattiva”. “Ti ha abbandonato”. Offese che hanno lasciato segni indelebili. Ho fatto molti passi per avvicinarmi ma non ho mai ricevuto ascolto. Quando è cresciuta ho chiesto di vivere un po’ con lei ma ha scelto la famiglia e io ho rispettato la sua decisione. Poi, dopo il suo terribile incidente automobilistico, sembrava che potesse aprirsi uno spiraglio. Purtroppo, non è accaduto».

Torna sulla famiglia:

«Ho avuto la sfortuna di avere genitori molto leggeri. Quando ho avuto bisogno, la mia famiglia non c’è mai stata. Ripeto. Avevo 17 anni».

 

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