Al Corriere: «Se gli permetti di continuare lo stai coprendo. Abbiamo la responsabilità di educare, di migliorare il pianeta, di non restare in silenzio»
Il Corriere della Sera intervista Lewis Hamilton. A 36 anni, ha vinto 7 Mondiali, 98 Gp e fatto 100 pole. E’ da sempre impegnato a combattere il razzismo.
«Sono orgoglioso di vedere sempre più persone che escono allo scoperto. Sempre più Federazioni sportive che prendono consapevolezza dei problemi, della discriminazione che subiscono gli atleti. Ma c’è ancora moltissimo da fare, il razzismo non si risolve inginocchiandosi o con gesti simbolici. La vera domanda da porsi è: “Che cosa sta facendo la mia organizzazione per migliorare la situazione?”. Ci sono state tante azioni concrete quest’anno: il black out dei social media, al quale hanno aderito il calcio e tanti sport, contro gli abusi in rete, il bullismo, perché non si poteva più andare avanti così. Che uno vede una partita di calcio, scrive insulti razzisti, e va avanti impunito. E la gente non se ne preoccupa, come se fosse impossibile intervenire. E invece si può. Se succede dentro a uno stadio o in un circuito chi insulta deve essere immediatamente allontanato. Se gli permetti di continuare lo stai coprendo».
Spiega cosa lo rende orgoglioso della sua squadra e della F1?
«Che ci sia un impegno serio, un controllo continuo anche dei partner con i quali lavoriamo, per rendere il nostro sport più inclusivo. Per far sì che aumenti la presenza femminile e delle minoranze. Ma una cosa è parlare, l’altra è agire. Sono due fasi distinte».
Gli chiedono perché secondo lui molti sportivi non parlano di temi sociali o politici.
«Molti non parlano perché non ne sanno abbastanza, e li rispetto. Ma non vedo neanche perché non possano imparare. Viviamo tempi in cui tutti commentano tutto, a volte senza nemmeno provare a capire. Leggevo le reazioni sulla guerra fra Israele e Palestina, la maggioranza sono di persone che non hanno mai messo piede in quei luoghi o che non hanno letto nulla. C’è chi dice chissenefrega e chi invece si preoccupa, io sento delle responsabilità. Tutti abbiamo responsabilità: di educare, di migliorare il pianeta, di non restare in silenzio».
Hamilton interviene anche sulla questione Naomi Osaka:
«Quando sei giovane spesso vieni buttato nell’arena impreparato e accusi la pressione. È successo anche a me, impari dagli errori. Essere multati per avere parlato della propria salute mentale non è bello, tutte le reazioni contro di lei sono state ridicole. La vicenda doveva essere gestita in modo diverso. Naomi è una grande attivista e una grande atleta, ma ricordiamoci prima di tutto che è un essere umano».