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Berrettini: «Non sono un predestinato come Musetti e Sinner, capisco il clamore ma mi rode un po’»

Al Corriere: «Fisicamente stavo bene, forse meglio di Djokovic. Potevo vincerla. Gli ho messo paura» 

Berrettini: «Non sono un predestinato come Musetti e Sinner, capisco il clamore ma mi rode un po’»

Il Corriere della Sera intervista Matteo Berrettini, reduce dalla sconfitta contro Djokovic, al quale però ha tenuto testa per tre set su quattro, in una grande partita.

«Se lo portavo al quinto set, si navigava in mare aperto. Non posso dire che sarei stato favorito. Contro Djokovic non lo sei mai. Ma fisicamente stavo bene, forse meglio di lui».

Dice di essere stato danneggiato dalla pausa dovuta al coprifuoco che ha interrotto il match.

«Non mi ha fatto bene, questo è certo. Mi ha tolto qualcosa. Prima dell’interruzione, l’inerzia del match era cambiata a mio favore. Al rientro, ero un po’ bloccato con le gambe e ho avuto un calo di tensione. Lui invece ha usato il tempo per riorganizzare le idee. Il tennis vive di momenti. Quella sosta ha fatto girare ancora la partita. Potevo vincerla. Da un lato mi fa piacere, dall’altro mi rode».

Djokovic si è lasciato andare a clamorose urla liberatorie dopo aver vinto, segno che, forse, ha avuto paura di non farcela.

«Mi ha fatto piacere. Significa che ha sentito paura. E sono stato io a mettergliela addosso. Si era reso conto che stava rischiando grosso. Urlando così si è liberato dalla tensione. Il fatto che non ci fosse pubblico e si giocasse nel silenzio ha amplificato l’effetto».

Sulla partita che oggi contrapporrà Djokovic e Nadal:

«Nadal è favorito. Ma Novak tira sempre fuori qualcosa di extra, sembra avere risorse sovrumane. Proprio per questo la finale dell’anno scorso mi ha sorpreso. Non per il risultato, ma per la facilità con cui Rafa ha vinto. Secondo me questa volta sarà una battaglia».

Come mai si parla così tanto di Sinner e Musetti e così di Berrettini? Gli viene chiesto. Risponde:

«Ho fatto un percorso diverso. Non sono mai stato un predestinato. A 18 anni ero ancora molto indietro. Quindi capisco che ci sia tutto questo clamore intorno a loro. Sono ancora più giovani di me, fanno impressione. Per me rappresenta uno stimolo ulteriore. Una sana competizione, per non farmi superare da loro. Ammetto che certe volte me la prendo un po’. Non solo per me. Vedo quello che fa Lorenzo Sonego, e tutti gli altri nostri giocatori, per fortuna ne abbiamo molti, e sembra quasi che non conti nulla. Ma che posso farci, funziona in questo modo, così va la vita».

Indica l’avversario peggiore che ha incontrato:

«Nadal sulla terra del Roland Garros. Ma anche Djokovic sul cemento non è una esperienza che consiglio. Per le sue caratteristiche, iniziando dalla risposta al servizio, Novak è il giocatore che mi dà più fastidio».

E conclude:

«Devo imparare a tenere alti i giri del motore, continuando a investire su me stesso. Quei mostri non sono eterni. Bisogna farsi trovare pronti. E comunque vada, mai smettere di crederci».

 

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