Paire, un cinico romantico: “Gioco per il pubblico, e per i soldi. Le classifiche non servono a niente”
La conferenza stampa dopo aver perso a Roma è un manifesto: "Un errore o un vincente, nel silenzio non c'è differenza. Ho vinto 2 partite su 17 e sono ancora 35 al mondo, sfrutto il sistema"
La conferenza stampa dopo aver perso a Roma è un manifesto: "Un errore o un vincente, nel silenzio non c'è differenza. Ho vinto 2 partite su 17 e sono ancora 35 al mondo, sfrutto il sistema"
C’è un motivo se tutti parlano, ora, di Benoit Paire. Anche al di fuori della nicchia tennistica che già adorava/odiava il francese barbuto tutto talento e follia. Ma è un motivo sbagliato. Paire è sì un “buffone che non fa più ridere”, come scrive oggi L’Equipe, ma è anche a modo suo – cialtrone, inopportuno – un rivoluzionario: sta sbattendo in faccia a tutti l’ipocrisia del tennis che rincorre le classifiche. Si muove nel Tour come un virus: ha studiato il sistema dei ranking congelati, e ora spiega a tutti come mai s’è rotto il giocattolo.
La conferenza stampa-fiume a Roma, dopo aver perduto da Travaglia al primo turno, è un manifesto – l’ennesimo – di questa sua battaglia. Ne parla come se fosse la cosa più naturale al mondo. E non tralascia niente, compresa la critica al torneo, che ogni volta che si ritrova contro un italiano, gli riserva un trattamento di sfavore. Gli era già successo con Sinner lo scorso anno:
“Intanto, per cominciare, mi sono vaccinato due giorni fa. Ho chiesto dunque di poter giocare il più tardi possibile perché per me il vaccino è una cosa molto importante e penso che lo sia per tutti quanti. Per questa ragione sono potuto arrivare a Roma solo ieri sera. Mi fa ancora un po’ male il braccio dopo l’iniezione, è un po’ complicato alzarlo ma lo sapevo; ho chiesto di giocare tardi e alla fine mi sono trovato a giocare stamattina alle 10. Questo vuol dire che non ho neanche potuto palleggiare un po’ qui e non ho potuto allenarmi gli ultimi giorni“.
Paire entra nel vivo della sua guerra ideologica al sistema. Dice che giocare senza pubblico, per un tennista estroso come lui, è come fare un allenamento. E lui quindi si comporta come in allenamento. Se gli danno un po’ di pubblico si sveglia e magari vince.
“Il risultato alla fine non è molto importante, ciò che importa è aver ritrovato il campo, aver giocato un po‘. Come ho detto già altre volte, per me si tratta soprattutto di un allenamento finché ci sono gli stadi vuoti. Ne ho già parlato ed è ciò che provo. Quando sono arrivato lo stadio era a porte chiuse, tutto vuoto, senza neanche un tifoso, ed è difficile sapendo bene che tipo di atmosfera c’è a Roma di solito; ho già giocato bene qui in passato e conosco bene quell’atmosfera e vedere lo stadio così per me è un po’ dura.
“Voi mi conoscete, sapete che sono alquanto sensibile. Quando eseguo bei colpi ora vengono trasmessi solo su Tennis TV e intorno al campo c’è il silenzio totale; che faccia un errore o un vincente, è esattamente la stessa cosa, quindi ho davvero la sensazione di trovarmi in allenamento e non in gara. Non voglio gettare la spugna ma, in simili condizioni, non riesco ad essere competitivo. Cerco di fare il possibile”.
Capitolo classifiche. Ha già spiegato come funziona, lo rispiega:
“Dopo tutte queste settimane, e nonostante abbia vinto due match in due anni, ho una buona classifica. Sono n. 35 del mondo. Ho conservato un po’ di punti di Marrakech, Lione e Roland Garros. Anche se scendessi al n. 50, non importa. Spero che la pandemia passi e che possa ritrovare un po’ di piacere ad essere in campo. L’avevo ritrovato un po’ a Madrid con i tifosi, ma non sono preoccupato per la classifica. Per me la Race non significa nulla, a parte per il Masters di fine anno. Per il resto sono abbastanza contento, ecco tutto. Ho ancora il doppio da fare e poi andrò a Ginevra con la mia famiglia, sono tranquillo. Dopo il torneo resterò ancora a Roma per qualche giorno per godere un po’ del tempo libero, vedo che qui i ristoranti sono aperti, quindi voglio approfittarne un po’”.
“Ogni settimana salto da una città all’altra per un torneo, quando c’era un torneo non troppo importante per me come Estoril, sono andato alle Maldive ma poi ho giocato a Madrid. Adesso sono a Roma e poi andrò a Ginevra con i miei genitori, continuerò ad allenarmi e cercherò di trovare un allenatore. Mi piacciono i tornei e la loro atmosfera, anche quelli piccoli. Ad essere onesto quindi non ho molta paura, perché sento che ho ancora il mio gioco. Quando colpisco la palla ho buone sensazioni. È solo un po’ difficile e delicato mentalmente. Se non sarà a Roland Garros, sarà Wimbledon, e se non sarà Wimbledon sarà lo US Open. Sarò comunque in tabellone. Dovrò forse vincere qualche match per essere nei Masters 1000 di quest’estate”.
“Io approfitto del sistema, so che sono n. 35 e anche se la settimana prossima dovessi perdere al primo turno, conserverei comunque una finale, perché ho ancora la metà dei miei punti. E quindi, la settimana prossima, che mi fermi al primo round o faccia finale, è la stessa cosa. È difficile poi parlare di motivazione. Perché alla fine ora è come se avessi vinto un ‘250’ in quattro settimane, perché ho Lione e Marrakech e i due tornei messi insieme fanno una vittoria in un ‘250’”.
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