Da oltre un anno la pandemia ha costretto gli organizzatori a cancellare le competizioni. Continuano a chiedere al governo americano asilo politico e intanto si arrangiano come possono a lavorare
Tadesse Yae Dabi, 31 anni, è arrivato dall’Etiopia nel 2016. Coe tanti altri maratoneti etiopi ha lasciato il suo Paese in cerca di fortuna e si è stabilito nel Bronx dove partecipa alle competizione americane per portare a casa premi da mandare alla moglie e al figlio. In un anno mette da parte tra i 20 e i 30 mila dollari.
Ma ora i tempi sono diventati durissimi anche per i «pendolari della corsa». Da oltre un anno la pandemia ha costretto gli organizzatori a cancellare le competizioni. E dall’Etiopia giungono notizie angoscianti. Dal novembre 2020 il governo ha scatenato una guerra civile, con repressioni brutali nel Tigray e arresti, torture anche in altre regioni del Paese.
La famiglia ha avvertito Tadesse di non tornare e a lui si sono aggiunti altri perseguitati che sono scappati dall’Etiopia e hanno aderito al West Side Runners (Wsx), un club amatoriale, senza strutture sportive o sponsor, fondato nel 1978 da Bill Staab, 81 anni. Tra di loro tanti ragazzi e tante storie da raccontare
Oppure Tariku, che nel 2011 perse la maratona di Philadelphia perché gli si ruppero le stringhe delle scarpe a pochi chilometri dall’arrivo. Tariku si allenava con le star dell’atletica etiope, come Haile Gebrselassie, due volte oro olimpico sui 10 mila metri. Adesso, tra una gara e l’altra, arrotonda facendo le consegne con Uber Eats e Door- Dash.
Continuano a chiedere al governo americano asilo politico e intanto si arrangiano come possono a lavorare