ilNapolista

«In Italia la palla non corre, è un deficit tecnico e tattico». Tecnici e preparatori danno ragione ad Allegri

La Gazzetta dedica una pagina all’analisi del gioco in Serie A: “Nei vivai si trascura la qualità. All’estero i calciatori crescono più liberi e aggressivi”

«In Italia la palla non corre, è un deficit tecnico e tattico». Tecnici e preparatori danno ragione ad Allegri

Il concetto, espresso per l’ennesima volta da Massimiliano Allegri al club di Caressa, non era una banalità butta lì a caso: il calcio italiano è lento, poco tecnico, e infine noioso. Per vari motivi, molti dei quali identificati anche dall’ex allenatore della Juventus: nelle giovanili italiane s’è persa per strada la qualità.

Oggi la Gazzetta dello Sport dedica una pagina per approfondire il tema, ascoltando un po’ di addetti ai lavori.

La premessa è che non è vero che in Italia si gioca meno che nel resto d’Europa che conta. “Anzi. In media, il tempo effettivo di una partita di Serie A è superiore”. “Però, non è quanto si gioca, ma come. Cioè, quanto veloce rotola la palla. E all’estero viaggia di più, perché i giocatori corrono con più ritmo e aggressività, perché più liberi di testa e di gambe. E ciò li rende anche più precisi, creativi, pericolosi”.

I dati: in Bundesliga, in media, si giocano 28 palloni in più a partita rispetto alla A, in Premier 20 e in Champions 98 addirittura. Al contrario, in Italia gli arbitri fischiano 28 volte a partita, contro le 22 in Inghilterra, le 25 in Germania e le 24 in Champions.

Perché? Per Maurizio Viscidi, coordinatore delle Nazionali giovanili “abbiamo un deficit tecnico e tattico. La tecnica è trascurata nei settori giovanili e in prima squadra. Nei vivai non si vuole, in prima squadra non si sa come allenarla. Molti allenatori degli Under puntano sui risultati per far carriera, perciò già ai bambini insegnano la tattica mettendo da parte la tecnica e quindi la loro crescita. In prima squadra non si allena il passaggio e l’uno contro uno, i fondamentali del calcio moderno. Saper passare la palla significa riconoscere i tempi di gioco. L’uno contro uno lo pratica forse solo l’Atalanta quando difende. I colleghi mi dicono ‘non lo facciamo perché i giocatori si fanno male’”.

Anche la tattica, di cui l’Italia si fa bella, è un limite:

“Se ne fa troppa, quasi sempre difensiva, e troppo analitica, dimostrativa. È come se piazzassimo la lavagna in mezzo al campo. Gli allenamenti mancano di ritmo e intensità perché interrotti da continue spiegazioni“.

Anche Vincenzo Pincolini, preparatore atletico dell’Italia Under è d’accordo:

“Dai 14 ai 16 anni puoi plasmare i giovani, fino ai 19 puoi creare una macchina che non si romperà dopo. Ma se a 14 giochi per il risultato, li getti nell’arena senza che siano pronti a combattere”.

Alla Gazzetta parlano anche Carlo Nicolini, ex preparatore con Lucescu al Galatasaray, al Besiktas e allo Shaktar, e Stefano Rapetti, con Mourinho nell’Inter del Triplete e allo United, che aggiungono, tra l’altro:

“All’estero la tattica è individuale, non per reparti come da noi, è ridotta all’osso, basata sui principi di gioco e sulle simulazioni della partita. Vanno a tremila all’ora e non gliene frega niente di restare coi difensori in linea: accettano l’uno contro uno e fanno a sportellate. Così fa Gasperini e l’Atalanta è l’unica in Italia”.

ilnapolista © riproduzione riservata