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De Luca si lamenta che ha poche dosi ma vaccina prima le isole

E’ partita la campagna “Isole Covid-free”, per salvare il turismo. Il 16enne di Capri è più fragile del 60enne di Caserta?

De Luca si lamenta che ha poche dosi ma vaccina prima le isole

Il sedicenne di Anacapri che la piattaforma regionale ammette alle prenotazioni vaccinali è un concorrente diretto del 69enne di Caserta. La Campania è passata alla fase Hunger Games della campagna, in deroga alla normalizzazione appena istruita dal governo: basta categorie a maglia larga, si procede per fasce d’età. Invece De Luca, con uno scatto da fantasista consumato, ha rilanciato immediatamente: le “Isole Covid-free”. Capri, Ischia e Procida da immunizzare il prima possibile, per – parole sue – “evitare che Spagna e Grecia ci rubino i turisti”. Un’operazione “a scopo dimostrativo”, l’ha annunciata così in un paio dei suoi interventi su Facebook. E poi ha sbloccato i meccanismi della burocrazia online. Scrive Repubblica che almeno 60.000 dosi saranno destinate in esclusiva ai residenti, e che solo a Capri i prenotati tra i 16 e i 69 anni sono già poco meno di tremila. Inevitabile la polemica politica, quella non manca mai. De Luca lo chiama “sciacallaggio”.

Ma la misura che De Luca ha varato con la Campania in piena zona rossa è suo modo un capolavoro: si presta a così tante critiche che occorre andare per ordine.

La prima ha che fare con l’inevitabile stacco tra ciò che il Governatore dice – con una certa insistenza, al limite del pleonasmo agonistico – e gli atti che produce. Sono settimane che lamenta lo scarso numero di dosi messe a disposizione della regione, e con altrettanta violenza ha “blastato” (si dice così, adesso) il precedente esecutivo e le altre regioni per il sistema un po’ fraudolento delle categorie professionali con priorità. Uno “scandalo” l’ha definito con pigrizia, perché gli altri – in Campania queste cose non accadono – giocando sulle definizioni hanno sottratto dosi destinate agli anziani per darle a lavoratori più o meno indispensabili. E poi che fa, De Luca? Vaccina prima le isole, dai 16 anni in su. Scegliendo – sempre parole sue – “il doppio binario”: le fasce d’età e i compartimenti economici. Cosa che avrebbe un senso – se ne può discutere, sono scelte – se ci fossero dosi sufficienti a coprire l’intera platea degli over campani. Ma delle due l’una: o ti lamenti che i vaccini sono pochi e quei pochi li dai ai più fragili, o ne hai così tanti da poter scegliere di proteggere un trentenne di Ischia solo per il fatto che poi a giugno arrivano i turisti tedeschi, e fargli trovare una pandemia pare brutto. Le due cose non sono compatibili, non c’è coerenza.

La residenza come fattore discriminante è un obbrobrio, stante la scarsezza delle scorte a disposizione. Ma andiamo avanti: non è la prima volta che De Luca utilizza un po’ a sproposito il concetto di “immunità”, declinandola a piccoli greggi. Con cadenza settimanale ribadisce che gli ospedali sono “Covid-free” grazie alla vaccinazione del personale sanitario e che “quindi chi va in Ospedale non rischia di infettarsi”. Ad un anno dall’inizio di questa sventura mondiale dovrebbe essere ormai chiara la differenza nozionistica tra “infezione” e “malattia”. Non è ancora noto quanto i vari vaccini proteggano dall’infezione, oltre che dalla malattia. Cioè: l’infermiere vaccinato è protetto dalla malattia ma potrebbe essere veicolo di contagio. E quindi no: gli ospedali non sono Covid-free. E certo non posso esserlo delle isole, a meno che non si faccia come in Australia o Nuova Zelanda (dove hanno chiuso le frontiere, e per tre casi mettevano in lockdown totale città da milioni di abitanti). Per un motivo accessorio, ma non meno importante: i vaccini non sono obbligatori. De Luca presume che il 100% della popolazione di Capri, Ischia e Procida si sottoponga volontariamente alla vaccinazione? Peraltro in un momento in cui la credibilità di AstraZeneca è quasi al livello no-vax? Quando inizierà la stagione turistica – che è il vero motore di questa iniziativa, quindi sarà incentivata a pallettoni – in che modo si potrà garantire la sicurezza delle persone, in un rimescolo di migliaia di vacanzieri e residenti più o meno protetti? Semplificando ulteriormente: “Isole Covid-free” è un concetto scientificamente sballato, buono appena per una campagna pubblicitaria un po’ burina.

C’è, infine, l’eccezione più scolastica, che è poi la cifra stilistica della pochezza attuale: perché loro sì e noi no? E’ scontato che il riferimento ai territori “a vocazione turistica” inneschi la gara a chi ce l’ha più grossa, la vocazione. Perché Capri sì e Positano no? Perché Ischia sì e Palinuro no?

In un periodo in cui siamo tutti “caregiver” di qualcun altro, in cui le definizioni dei ruoli sociali sono ormai ridotte ad una classificazione Ateco delle nostre vite – in cui un nonno con la 104 è un bene rifugio più prezioso dell’oro – decidere di preferire una spiaggia piuttosto che un’altra per “salvare” un’estate piuttosto che un’altra, è un passo falso grossolano, persino a scopi elettorali.

Soprattutto per il tempismo: nemmeno un mese fa De Luca leggeva i 140 posti occupati nelle terapie intensive col tono grave dell’apocalisse imminente, ora che i letti occupati sono 160 “ci sono tutte le condizioni per uscire da questo calvario” (per l’ennesima volta: parole sue).

Cosa è cambiato? Che è uscito il sole?

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