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Ad un tratto è rispuntato Cavani, e ci siamo ricordati cos’è la gelosia

Alcuni lo davano per finito, ma era solo un’illusione: il Matador ha devastato la Roma con la sua essenzialità. Ricordandoci quanto l’amavamo, e quanto ci manca

Per fare cosa gradita a Cavani, nel rispetto del suo essere Cavani fino al midollo, dovremmo scrivere senza sbrodolare. Limando la retorica al minimo fisiologico, attutendo l’altisonanza del registro, morderci dita e unghie e lasciare la tastiera un po’ all’asciutto, in attesa. O forse, per aderire meglio alla consistenza stessa del concetto di Cavani – perché Cavani è un concetto a sé stante – dovremmo spaccarla, la tastiera. Scrivere fino a far esplodere le C, le A e le V e così via. Come un’amputazione penitente, in sacrificio per lui.

Missione fallita, in partenza. Edinson Cavani che rumina la Roma è un ritorno ovvio del sentimento, uno squarcio nella quotidianità chi ha potuto tifarlo prima di nasconderne ricordo e percezione – quasi tattile – sotto un divano o un letto o un tappeto, in un ripostiglio della memoria. Perché facesse meno male saperlo altrove.

C’è chi, nelle chat di pallone che tutti abbiamo compulsato ieri sera, s’era messo dietro un paravento dopo un quarto d’ora appena, dissimulando distacco: “Cavani è un ex giocatore ormai”. Non screenshottiamo perché dicono sia illegale. Ciò che nella successiva oretta di Champions avrebbe travolto quella insana definizione negazionista è cronaca: due gol, due assist, un rigore. Un cerotto su quella faccia da battaglia, lo sguardo incazzato, il “pufff” della rete che sbuffa. Cavani in tutta la sua essenzialità.

Ad un certo punto di questa stagione evolutiva del Manchester United, mentre qui facevamo affidamento sulle statistiche per autoconvincerci che fosse ormai decrepito (“vabbé solo 8 gol in 22 presenze, non è più lui…”), hanno chiesto a Ole Gunnar Solskjaer: “Cosa ha portato Cavani al Manchester United?”. Lui ha sorriso: “Eh, quanto tempo ho per rispondere?”.

Mentre qui facevamo di tutto per andare avanti con le nostre vite lo United s’è innamorato di lui. I tifosi di Manchester lo venerano come fosse uno di quei 7 immortali della loro tradizione. Il Telegraph nel descriverne il peso, invece di farsi condizionare dalle cose scontate – i gol, gli assist – scrive dell’urgenza. L’urgenza che il suo calcio trasmette a tutti. Di segnare, di recuperare un pallone, di spuntare all’improvviso aviotrasportandosi da un angolo all’altro del campo. Come faceva quando lo faceva per noi. Nostalgia. “Ma più di tutto risuona la sua etica del lavoro“, scrivono.

E Solskjaer:

“Un attaccante di quell’età corre per quasi 12 chilometri in una partita… insegue ogni volta il difensore centrale che porta palla, pressa ogni volta che il portiere ha la palla, contrasta i centrocampisti centrali. Il suo ritmo di lavoro, le sue abitudini e la sua pericolosità in area. L’umiltà di allenarsi ogni singolo giorno facendo del suo meglio, e potrei andare avanti e avanti ancora. La sua esperienza e il suo atteggiamento ci hanno dato una lezione, a ognuno di noi“.

Cavani non ha mai fatto niente di superfluo, in campo. Produce l’indispensabile, per se e per gli altri. Fa l’attaccante, il metodista, il terzino. E’ un giacimento di biodiversità. E così ci sbatte in faccia la sua stessa ridondanza nei nostri ricordi di napoletani non-traditi, ma solo adattati alla sopportazione di non averlo più. E quindi meglio lontano, lontanissimo. A Parigi e in Inghilterra. A fare la spalla di Ibra e poi l’Ibra a Old Trafford. Con quello stesso carisma monumentale di chi flette la vecchiaia sportiva in lezione peripatetica, cosicché ci sia un allenatore fortunato che possa piazzarlo al centro di un progetto, a 34 anni, come un monito.

Non per niente, a corredo della prima pagina del Telegraph di oggi dominata dalla sua figura in rosso, c’è Solskjaer che prega perché firmi un rinnovo, a qualsiasi condizione. A dispetto dell’anagrafe, ché ormai conta solo per la svalutazione degli ingaggi.

cavani

Alla lettura delle formazioni molti di noi s’erano appuntati il presagio. A Roma oggi si concentrano sul lutto del ricorso storico – il 6-2 dopo il 7-1, anime in pena s’aggirano per Trigoria – a Napoli una parte di noi s’è risvegliata coi sensi accesi. Come quando rivedi l’amore di gioventù, ed è bello come un tempo. E bacia un altro.

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