Nessuna delle due è più di rango europeo. Gattuso ha gli stessi guai di Pirlo. Sono due allenatori border line
Quello che si è visto in campo nel primo tempo bianconero contro il Porto somiglia maledettamente ai primi tempi del Napoli. Gioco lento e orizzontale, nessun lampo di genio, la palla che cambia campo ma senza costrutto, le verticalizzazioni come un lusso. Il Napoli ha giocato così per gran parte del campionato. La Juve ha fatto lo stesso. Vuoi vedere che c’è da ricredersi? Tanto scarsi gli azzurri non sono? Tra infortuni, indecisioni tattiche e disturbi societari, il Napoli ha giocato come poteva (e sapeva). Se lo fa la Juve, perché non perdonare il Napoli? Detto così, bonariamente.
Quando si sa fare il contropiede
Difesa estrema e contropiede sono un dignitoso modo di giocare contro la noia dei passaggetti orfani di un gioco. Il Porto, sei in linea a rendere impenetrabile la difesa, ha respinto l’assedio immaginario della Juve in giornata nera (cross a non finire, ma innocenti come il bianco della Prima Comunione). I portoghesi hanno applicato a dovere la tattica del contropiede perché la sanno fare. Niente di memorabile, ma il dominio era dei portoghesi, per giunta in dieci contro undici per l’espulsione di un suo giocatore, anzi in dieci contro dieci, visto che Ronaldo ha alzato il dito per fare la pipì ed è ricomparso a fine gara quando è suonata la campanella. L’impressione, comunque, era netta. Da una parte il gioco studiato, verticale e pronto a colpire. Dall’altra un gioco senza idee, che si rifugiava nella sbornia dei passaggi perché non si sapeva che fare. Primi tempi letali e approccio sbagliato alla partita.
Va detto, però, che si gioca male anche perché giocano bene gli avversari. Il mainstream della stampa sportiva, soprattutto se rosea, ha commentato in maniera funerea la sconfitta. Si doveva vincere, perché la Juve è la Juve. Ma sul campo non c’è differenza con i presunti sfavoriti.
Napoli e Juve, verdetto impietoso in Europa
Sono due squadre in cerca d’autore, battute dalla Fortuna allo stesso modo, negli ultimi minuti o secondi di gara, con fesserie che fanno solo i perdenti quando si gioca nell’orticello di casa, dove tutto è permesso, ma appena ci si misura col calcio europeo, il verdetto diventa impietoso.
La sconfitta è la “Grande Colpa” della squadra padrona e, se nei cinque minuti finali, su punizione dal limite, Ronaldo non avesse allargato le gambe, facendo passare la stilettata del portoghese, la Juve sarebbe stata la squadra più bella del mondo e sarebbe arrivata a Torino come Cleopatra a Roma. In parole povere, se è successo alla Juve di buttar via un tempo, perché non potrebbe succedere al Napoli? Ci siamo crocefissi da soli, mentre Chiesa, l’ultimo arrivato in casa Juve, ha parlato di delusione e cambiamento. Più o meno simile, con parole diverse e irripetibili, il grido di dolore di Insigne.
Al Napoli tocca la favola
Juve e Napoli si somigliano nelle sconfitte. Di rango europeo non sono, né l’una né l’altra. Perciò, è inutile buttare la croce addosso a Gattuso. Guarda caso anche Pirlo sta negli stessi guai. Sono due allenatori border line. Perché si gioca male, perché gli avversari nelle coppe sono temibili, perché il gran parlare dei moduli offusca gli schemi più elementari e i limiti individuali, non per la sfortuna, gli arbitri, il 4-4-2 col suo seguito, il virus che fa la formazione.