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L’Equipe e la svolta della parola agli arbitri nell’Italia dove impera la cultura del sospetto

Il quotidiano analizza la “piccola rivoluzione” voluta da Trentalange che apre alla comunicazione degli arbitri: “La responsabilità sta nell’avere rispetto”

L’Equipe e la svolta della parola agli arbitri nell’Italia dove impera la cultura del sospetto

In Italia più che altrove, gli arbitri e l’arbitraggio sono una vera e propria ossessione. La cultura del sospetto porta regolarmente a questioni controverse e infiamma i dibattiti”.

Comincia così l’analisi dell’Equipe sulla nuova politica di comunicazione voluta da Alfredo Trentalange, eletto presidente dell’AIA nelle scorse settimane, definendola “una piccola rivoluzione”. Il quotidiano francese è partito dall’episodio più eclatante, che ha segnato un punto di svolta: l’intervento di Daniele Orsato durante la trasmissione Rai Novantesimo Minuto. Trentalange ne ha parlato così.

Stiamo ancora riflettendo sui dati di questa importante intervista. Ne ho sentito parlare molto bene e molto male per quattro giorni. Ognuno è libero di porre le proprie domande e di fornire le risposte che vuole, per un principio di trasparenza. La responsabilità sta nell’avere rispetto: dobbiamo parlare la stessa lingua.

L’Equipe riflette quindi sulla bontà di una scelta simile. Il fatto che un arbitro si possa esprimere in zona mista al termine della gara così non va escluso, se non altro per impedire ad altri di spiegare le proprie scelte al suo posto. Tuttavia, c’è ancora moltissima strada da fare, come ha confermato lo stesso Trentalange.

Non esiste uno spazio neutro. Poi non sappiamo a cosa andiamo incontro se non lo proviamo. Abbiamo bisogno di un ambiente sano, che la stampa deve aiutarci a creare. Domenica scorsa, dopo il rigore non concesso alla Juventus contro la Lazio, Tuttosport ha sbattuto in prima pagina ‘Più forte di ogni altra cosa’, accompagnato di seguito tra parentesi ‘e di un arbitro incompetente’. Esiste un problema culturale, ma dobbiamo provarci.

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