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Lukaku: “La prima cosa a cui penso, quando scendo in campo, è vincere”

A France Football: Sono un attaccante, segnare è l’obiettivo numero uno. Non ci sono sensazioni che possano rimpiazzare il piacere di un gol. Scudetto? Siamo l’Inter! Battersi per vincere il campionato è il minimo”

Lukaku: “La prima cosa a cui penso, quando scendo in campo, è vincere”

L’attaccante dell’Inter, Romelu Lukaku, si racconta ai microfoni di France Football. La prima cosa che pensa al fischio di inizio delle partite? Non ha dubbi: pensa a vincere.

A vincere. In Italia questo passa davanti a tutto. C’è una grande differenza d’approccio tra qui e l’Inghilterra. Mi concentro su quello che devo fare, anche perché i due campionati non si somigliano proprio”.

Per un attaccante l’obiettivo principale è segnare.

“Sono un attaccante, segnare è l’obiettivo numero uno. Non credo che ci siano sensazioni che possano rimpiazzare il piacere di un gol. Ma mi piace anche avere un modo. La camera iperbarica mi aiuta molto a recuperare, ci sono dei cicli importanti da rispettare. Ogni anno cerco di migliorare sempre qualche cosa. Non voglio paragonarmi a Ronaldo, Messi e Lewandowski, ma se loro continuano a spingersi oltre il proprio limite, perché non posso farlo io?”.

Fondamentale, dice, anche osservare l’avversario.

Sì, osservo gli errori, in particolar modo quando si perde palla. Devo capire se posso creare spazi per Lautaro o Alexis o se, al contrario, attaccare lo spazio da solo. In generale, cerco di farmi un’idea prima della partita”.

L’idea se la fa guardando i video.

L’Inter mi ha creato un account Wyscout e lo uso spesso. Quando affrontiamo una squadra con cui abbiamo giocato lo scorso anno, ma che non ha cambiato allenatore, noto che le situazioni che si creano sono le stesse. Di solito abbiamo due sessioni video collettive prima di ogni partita. Io faccio un mix di tutto, guardo anche gli scontri diretti dello scorso anno e cerco di capire come sfruttare le varie situazioni”.

Nell’intervista Lukaku parla anche di Conte.

“Conte mi ha detto: ‘Se diventi forte lontano dall’area di rigore, nessuno potrà più fermarti’. Ricordo che me ne aveva già parlato nel 2014 durante i Mondiali, poco prima delle dimissioni dalla Juve, poi quando era al Chelsea. Hazard giocò da intermediario, diede il mio numero al direttore sportivo del Chelsea, Emenalo. Mi chiamò e mi disse: ‘Romelu, l’allenatore che è arrivato ti vuole. Abbiamo organizzato un incontro a Londra, ma non sapevo chi fosse il famoso allenatore. Sono arrivato e ho visto Conte, col senno di poi non poteva essere che lui’. Sapevo che prima o poi saremmo finiti a lavorare insieme. Quando l’Italia vinse col Belgio nel 2016, ho visto come il suo modo di giocare e rispecchiava in pieno il mio profilo. Durante i primi tre mesi qui non ho fatto altro che andare in porta. A ogni allenamento metteva Ranocchia dietro e se perdevo il pallone, si ricominciava tutto l’esercizio”.

Sul rapporto con Lautaro:

“Prima di venire qui ho visto un buon numero delle partite dell’Inter. Lautaro giocava tutto solo lì davanti. Ho pensato che se mi avessero affiancato uno come lui, sarei potuto essere davvero pericoloso. Appena sono arrivato abbiamo parlato un po’ in spagnolo e da quel momento in poi siamo andati d’accordo. Parliamo lo stesso calcio: non abbiamo mai avuto una discussione. Conosco la responsabilità che ho in questo gruppo. Hai bisogno di leader come me o come Vidal, Sanchez, Barella. Anche Lautaro e Bastoni iniziano ad esprimersi”.

Sullo scudetto:

“Voi parlate di campionato italiano, ma io devo essere onesto: non possiamo parlare di questo visto come giochiamo nell’ultimo periodo. Dobbiamo pensare partita dopo partita. Parlare di titolo per fare cosa? Siamo l’Inter! È un dovere battersi per vincere il campionato, è il minimo. Vedremo a marzo, stesso discorso per l’Europeo”.

 

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