L’ex mezzofondista alla Gazzetta: «Non voglio aiuti, l’atletica mi ha dimenticato. Quando ho le crisi, per tre minuti sono morto»

La Gazzetta intervista Salvatore Antibo indimenticato mezzofondista italiano, argento olimpico sui 10mila metri, due volte campione europeo e da sempre vittima di una forma di epilessia che nel 1991 lo colpì anche durante la finale dei Mondiali a Tokyo.
Antibo parla della sua malattia:
«Non c’è nulla da fare, la malattia è incurabile. Il professor Oriano Mecarelli (neurologo, ndr), che mi segue e che non finirò mai di ringraziare, me lo ha confermato. Ho una media di 60 crisi al mese, 2 al giorno anche se in alcuni giorni sono arrivato a quattro. C’è però una possibilità di poter ridurre questo numero».
«Il professore mi ha prospettato l’ipotesi di un’operazione che potrebbe ridurre il numero di crisi epilettiche. Da giugno sono in attesa di un intervento (…) ma a oggi non ho più avuto notizie. L’emergenza causata dal Covid ha praticamente bloccato tutto il resto del sistema sanitario. Prima mi avevano parlato di Milano, poi Monza. Alla fine a causa delle varie zone rosse mi avevano prospettato l’ipotesi Catanzaro. Ma da giugno ancora nulla. E poi se io dovessi entrare oggi in un ospedale sarei a forte rischio perché sono epilettico e asmatico. Con questo virus che prende i polmoni potrei forse durare solo due giorni».
«Aiuti non ne voglio, desidero solo essere trattato come tutti quei cittadini che hanno bisogno di cure. Ma certo, per l’atletica e per l’Italia sono scomparso».
«Ho bisogno di una persona sempre accanto a me, perché se cado rischio di farmi male. Quando arrivano le crisi, per 3 minuti io sono morto. Quando mi riprendo è come se non ricordassi nulla di ciò che è successo nei minuti precedenti».