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Ronaldo s’è mangiato tutti i centravanti della Juve, avanti il prossimo

La Juve non cerca disperatamente una punta, cerca un Benzema, uno che piaccia a CR7: l’uomo che sta mandando sul lastrico i bianconeri

Ronaldo s’è mangiato tutti i centravanti della Juve, avanti il prossimo

Non fosse impegnato a crogiolarsi su un enorme unicorno gonfiabile nella piscina a sfioro di un lussuoso hotel di Miami, Higuain starebbe masticando Gazzette dello Sport come faceva Rockerduck con le bombette. Perché avrebbe preso coscienza di non essere un centravanti. Proprio lui, l’uomo dei 36 gol in un’unica Serie A, non risponde alla definizione che evidentemente ne dà la Juventus: la punta, il centrattacco, il bomber, l’ariete. Ha 32 anni, Higuain. E l’hanno lasciato emigrare in Florida come si fa coi vecchi bacucchi, ne è testimone il fratello: Pirlo ha chiarito subito che il Pipita era di troppo. Poi le successive dichiarazioni hanno fatto il resto: “Ora mi serve un centravanti“.

La sfilata dei nomi rispondenti all’identikit, sui paginoni di calciomercato, è anagraficamente imbarazzante (per il Pipita): Dzeko, anni 34; Suarez, anni 33; Giroud, anni 33. Poi ci sono i “giovani” Milik e Morata, ma insomma pare chiaro che il problema non fosse l’età o la pancetta annessa. A parziale sollievo di Higuain va sottolineata una cosa: la Juve, in realtà, non cerca solo un centravanti. La Juve cerca un Benzema. Serve una spalla a Ronaldo, che risponda a caratteristiche uniche, riassumibili frettolosamente in “deve piacere a lui”. Ci si deve sentire comodo CR7, e poco altro.

Solo che – probabilmente – manco se ne sono resi ancora conto. Milik non è Benzema, tantomeno Suarez. Magari lo è Dzeko. Ma tutto questo arzigogolo illumina un paradosso: questo benedetto centravanti ignoto è un buco invisibile nei bilanci bianconeri. Nonostante abbiano speso fino alla consunzione della cassa, accumulando 463 milioni di debiti, si ritrovano senza la punta. Non un terzino sinistro qualunque. E – ancora peggio – debbono fare i conti con i bisogni, i vizi, il mantenimento della scala sociale di Ronaldo. Quel che a Paratici nel 2018 pareva il colpaccio della vita s’è trasformato in una voragine di costi accessori, di optional non previsti: come comprare una Porsche e scoprire solo dopo che consuma come una portaerei, paga un bollo da supercar, e se salta la frizione tocca accendere un mutuo. Ronaldo si porta appresso i bisogni di Ronaldo. E di queste necessità la Juve non ha potuto far virtù, anzi. Se n’è fatta una malattia.

Per cui, tornando al pallone, alla Juve serve disperatamente un “centravanti” con tutte le virgolette del caso. Ha Ronaldo e Dybala, aveva Higuain. Ma no: c’è ancora un buco lì in mezzo all’area.

Fabrizio Bocca su Repubblica.it si chiede “se non esista una maniera di giocare che non preveda tanta esuberanza in attacco”. E si risponde così:

“Gli allenatori ragionano quasi tutti per schemi, e dunque vogliono tutte pedine costruite su misura. Più il calcio diventa specialista e ipertattico, più i jolly di centrocampo e attacco diventano rari, più gli allenatori si fanno meno duttili e rigidi intorno alle proprie convinzioni”.

Lo stesso editorialista ricorda che “anche il pragmatismo di Allegri prevedeva Mandzukic come spalla privilegiata di Ronaldo. Salvo poi avere troppe perplessità su una Juve a tre punte e raramente osare fino in fondo”.

Notando un dettaglio non scontato: la Juve non solo lo cerca, ma non lo trova.

“Alla Juve manca oggi quel guizzo in più, l’azzardo, quello spunto di forza che le ha spesso consentito di chiudere i colpi senza problemi e soprattutto con grande rapidità. Da Boninsegna (1976) a Ronaldo (2018)”.

E’ incredibile che proprio la squadra che è riuscita a portare in Italia quella multinazionale dell’immagine che è Ronaldo, paghi adesso lo scotto di esibirsi sul mercato a tentoni, appesa ad una idea più che ad una strategia. Tiene in sospeso quelle quattro o cinque soluzioni, ma non affonda, o quantomeno non ci riesce. Ha esplicitato l’indispensabilità dell’obiettivo e ora fisiologicamente il mercato gli rinfaccia troppa supponenza: se lo vuoi tocca pagarlo, anche caro, e non è detto che le altre società non decidano di ostacolare le trattative. Quel piglio così aristocratico col quale aveva investito più di 100 milioni e altri 55 d’ingaggio su Ronaldo è evaporato. Il tenore di vita connesso a quello slancio – anche emozionale – ha destabilizzato, e continua a farlo, le routine finanziarie del club, ma anche la filosofia tutto sommato sabauda nel gestire la programmazione economica e tecnica.

Ronaldo ha prosciugato la Juve. Ha lievitato lontano dai guai nonostante i fallimenti europei (se il tuo obiettivo è vincere la Champions e nonostante il supereroe dagli addominali ipertrofici ti fermi massimo ai quarti, beh, si chiama fallimento). Ha provato e poi scartato Mandzukic, Higuain, Sarri, e per pochissimo anche Dybala. Tanto che ora Paratici è costretto a tenersi avvinghiato alle concatenazioni altrui: sperare che il Napoli venda Milik, direttamente, o cedendolo alla Roma liberando Dzeko; oppure attaccarsi all’esame di italiano di Suarez, sempre che il Barcellona non finisca per tenerselo.

Non sappiamo se il centravanti bianconero sia stato assassinato verso sera, come da letteratura. Ma c’è un colpevole là fuori, e non se ne sono ancora accorti.

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