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L’esonero di Sarri non può cancellare il fallimento di Cristiano Ronaldo alla Juventus

È stato ingaggiato come il supereroe che avrebbe portato la Champions. In due anni la Juve non è mai andata oltre i quarti

L’esonero di Sarri non può cancellare il fallimento di Cristiano Ronaldo alla Juventus
Ph Carlo Hermann/KontroLab

Facciamo una prova: infiliamo nella stessa frase Ronaldo e fallimento, e lanciamola in rete. Tempo trenta secondi, e scatterà il riflesso condizionato della lesa maestà. Ronaldo? Fallimento? Come osi! E giù a snocciolare cifre e record, da mettersi buoni col popcorn e vedere fino a dove s’arrischiano le arringhe difensive, in quanti ti rinfacceranno gli addominali in segno di superiorità totale (dietro una tastiera vale tutto, la panza dei tifosi si trasforma in bitorzoli ben delineati, deve esistere un’emoticon della “tartaruga” apposita). Ronaldo e Juve nella stessa frase, nel pieno psicodramma bianconero, funzionano solo per contrapposizione. L’una ha perso nonostante l’altro. Come fossero entità separate, e il calcio non s’ostinasse a essere ancora uno sport di squadra.

Fateci caso: il pensiero unico ha sacrificato Sarri, qualcuno ha allargato il cerchio alla dirigenza, altri suggeriscono la fine dei senatori Bonucci e Chiellini e l’inefficienza dei comprimari, ma nessuno – NESSUNO – dice mezza parola su Cristiano Ronaldo. Il supereroe acquistato come bene di lusso per fare “il salto di qualità”, che in una società che vince lo scudetto ormai da 9 anni filati significa solo la Champions. CR7 è un brand venduto in abbinamento con quella cosa lì, che a Torino non alzano da 24 anni.

Quindi non ha funzionato. Chi è stato? La risposta più gettonata, al momento, è “Sarri”. Colpa sua. A lapidazione in corso l’analisi facilona non fa una grinza. Anche perché le suddette cifre sono tutte dalla parte della diva portoghese: i gol segnati a caterve in campionato come in Europa prendono vigore proprio nel vuoto tutt’attorno, s’abbattono sulla terra come un asteroide, lasciando un cratere fumante. Va a finire che l’ufo raccontato a France Football è lui, mica Sarri. Ronaldo, ufficialmente, ha un alibi per questa stagione, come per la scorsa e per quella prima ancora.

Non è un dettaglio se le sue statistiche sono appunto tutte sue. Anzi, a voler proseguire in questa bestemmia d’analisi, dimostrano due cose: che Ronaldo ha prosciugato la Juventus; e che non basta un sol uomo, nemmeno un superuomo dal tono muscolare ipertrofico, per trionfare in uno sport di squadra. A molti sembrerà inconcepibile, ma è così: con Ronaldo la Juve non è mai arrivata nemmeno in semifinale. L’ultimo tridente bianconero a scalare il tabellone di Champions fin quasi alla vetta aveva Mandzukic al suo posto. Il quale faceva un lavoro sporco che i numeri devastanti del portoghese non hanno mai garantito.

Sui social sventolano tutt’ora il vessillo gif di Ronaldo che segna e s’indica la testa, che tiene lezioni di mentalità in un posto che s’è sempre autocelebrato come la mecca della cattiveria agonistica. Lo salvano dalla dannazione, ne esce indenne. I tifosi che hanno malvissuto pure lo scudetto – ormai è andato a noia – rigettando la moda del bel gioco, piangendo sull’Allegri versato, non ci pensano proprio a considerarlo parte del problema. Figurati quei pazzi cospirazionisti che lo indicano come IL problema. Ronaldo gode di una claque impermeabile agli eventi. Che segue la logica della sorella: si circonda di esseri inferiori, il poveretto.

No, Ronaldo è dietro una paratia. Il raccapriccio per l’eliminazione precoce riguarda i suoi compagni, che “compagni” non lo sono evidentemente mai stati. Altrimenti – ne va della stessa essenza di spirito di squadra – gli toccherebbe il medesimo processo. Invece Ronaldo, ingombrante ed esclusivo, non ammette spazio condiviso: ha segnato la sua trentina di gol, e s’è messo al riparto. Lui è infallibile. E’ un imperativo categorico.

Il paradosso è che diventa ammissibile persino che a fallire sia l’intero progetto che lo riguarda, senza magari sbandierarlo troppo. Agnelli, e “i quarantenni al potere”, come li chiama Crosetti, ingolositi dal fascino della rivoluzione ideologica, il “giochismo” per farsi belli e fare lo scatto che col calcio crudo di Allegri non riusciva. La rimodulazione dell’intero giocattolo a immagine e somiglianza di chi sa come si fa, di chi vince per definizione. Salvo farsi travolgere dall’ego industriale dell’ultraterreno. E perdere.

A rischio d’incacagliarci per disabitudine lo ripetiamo: Sarri ha fallito, Agnelli ha fallito, la Juve ha fallito. Ronaldo, sì… Ronaldo ha fallito. Serve lo spelling?

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