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Il Napoli di Gattuso sta provando a fare più cose

In vista di Barcellona, ma non solo, la squadra sta mostrando atteggiamenti diversi nel corso della stessa partita. E molto dipende da come difende l’attacco

Il Napoli di Gattuso sta provando a fare più cose

Le parole di Gattuso

Dopo la partita contro la Lazio, Gennaro Gattuso ha trattato in maniera ampia e approfondita i temi tattici che riguardano il Napoli. L’ha fatto in poche frasi, durante l’intervista postpartita a Sky. Ma in quelle frasi c’è tutto, o quasi: «Dopo il lockdown abbiamo provato a fare qualcosa di diverso, a tratti stiamo provando a fare una pressione ultra offensiva ed a volte ci abbassiamo. Serve fare tutte e tre le cose. Soprattutto in vista di Barcellona: lì dobbiamo rischiare qualcosina in più, si parte da 1-1. Stiamo migliorando nella prima pressione ma a volte restiamo in una sorta di via di mezzo».

Ripetiamo: in queste parole c’è tutta la storia tattica del Napoli di Gattuso. E quindi c’è anche la storia tattica di Napoli-Lazio, «una partita vera», come ha detto lo stesso allenatore calabrese in conferenza stampa. Vera ma anche diversa rispetto a quella che attende gli azzurri al Camp Nou tra una settimana. Contro la Lazio, infatti, il Napoli ha avuto un approccio duplice: a tratti ha provato ad alzare i ritmi del pressing, in altri momenti è rimasto più guardingo, più basso in campo. Un gioco difensivo di selezione, basato sul fatto che i giocatori conoscono entrambi gli approcci, e sanno quando attuarli nel corso della partita. Come ha detto Gattuso: serve fare tutte le cose.

Il Napoli nella versione difensiva bassa e compatta

Nel frame sopra, il Napoli non porta grande pressione sui portatori di palla della Lazio. Anzi, non la porta per niente. È uno di quei momenti – di cui ha parlato Gattuso – in cui gli azzurri si ritirano nella propria metà campo a presidiare gli spazi. Solo che però la linea non è schiacciata verso l’area di rigore, piuttosto tende a rimanere alta, a tenere i reparti molto vicini, così da togliere profondità agli avversari. Una scelta intelligente soprattutto contro una squadra che gioca in verticale come la Lazio di Simone Inzaghi.

In altri momenti della partita, però, il Napoli ha attuato una strategia diversa in fase di non possesso: ha alzato molti uomini nella metà campo della Lazio, così da rendere difficile la prima costruzione dei difensori di Inzaghi – che non brillano per pulizia tecnica e abilità nello smistamento del pallone. I numeri confermano la varietà dell’assetto difensivo della squadra azzurra: il baricentro medio in fase di non possesso è stato posto a 46 metri, praticamente la «via di mezzo» di cui parla Gattuso, soprattutto in rapporto ad altre partite – contro l’Udinese, per esempio, il baricentro del Napoli in fase difensiva era posto a 58 metri.

Qui, invece, il Napoli decide di entrare in massa nella metà campo della Lazio per sporcare gli scambi tra i difensori di Inzaghi.

Qual è la discriminante che innesca il pressing alto del Napoli, che invita i giocatori di Gattuso ad aumentare l’intensità difensiva? Sono alcune situazioni codificate, i cosiddetti trigger del pressing – di cui avevamo scritto, in questo spazio, dopo la partita giocata a Verona contro l’Hellas. È passato più di un mese, ma la situazione è rimasta identica, o meglio si è evoluta proprio in quella direzione. Contro la Lazio, i trigger sono stati i cambi di gioco, ovvero i passaggi laterali tra e verso i due laterali della difesa a tre. A quel punto, come si vede nel frame superiore Callejón e/o Insigne attaccavano subito il loro avversario più ravvicinato, mentre Mertens aggrediva il centrale. Tre contro tre. Uomo su uomo, in pratica.

Il Napoli di Gattuso, dunque, è pensato e costruito per scegliere come difendere. Oppure, per dirla in maniera più esatta: è una squadra che ha gli strumenti per difendere in maniera aggressiva e prudente, mai realmente passiva – come spiegato sopra, la linea a quattro cerca sempre di non retrocedere dentro la propria area di rigore – ma comunque elastica.

Da qui a una settimana

Proiettandoci alla partita con il Barcellona, è difficile pensare che il Napoli possa scegliere il secondo approccio, quello più rischioso. Sì, Gattuso ha invitato la sua squadra a «rischiare di più», ma si riferiva alla fase offensiva. E noi ne parleremo più avanti. Per quanto riguarda la fase passiva, è probabile – anzi: è certo – che in Catalogna vedremo un Napoli corto, compatto, diciamo pure conservativo. La squadra vista all’andata, ecco. Almeno nei momenti in cui il Barcellona proverà a controllare il gioco. Ma considerando che i blaugrana hanno un possesso palla per partita pari al 63% (dato rilevato nelle gare di Liga) e una qualità enorme in tutti i giocatori della rosa, o quasi, è difficile pensare che il Napoli possa andare a cercare di aumentare l’intensità difensiva in Catalogna.

Il gol di Immobile

Anche perché la squadra di Gattuso resta ancora fragile nelle transizioni. Per transizioni, si intende quel momento del gioco in cui una squadra deve passare velocemente – deve transitare, appunto – dalla fase offensiva a quella difensiva, o viceversa. Nel primo caso, si parla di transizioni negative; nel secondo, invece, si parla di transizioni positive. Come si vede chiaramente nel video appena sopra, il Napoli fa fatica a consolidare e/o esasperare la propria pressione in avanti quando può e deve farlo. È la definizione tattica della «via di mezzo» citata da Gattuso nel postgara, in chiave ovviamente negativa. Nel caso specifico, Di Lorenzo è troppo stretto dentro il campo e quindi risulta scollegato rispetto ai suoi compagni della difesa; Callejón è troppo avanzato e/o fa fatica a rientrare, a coprire il terzino dal suo lato nell’uno contro uno con Marusic; Manolas si fa fregare dall’inserimento veloce di Immobile, dopo che Marusic è stato abilissimo e fortunato nella sua giocata.

È questo il grande difetto della squadra di Gattuso, un difetto che si è visto meno nel secondo tempo della gara di ieri contro la Lazio – e infatti lo stesso tecnico calabrese ha spiegato che «il Napoli mi è piaciuto soprattutto nella ripresa». Quando salgono in avanti con molti uomini, gli azzurri non riescono a riequilibrarsi velocemente. Per farlo, ci sarebbero due strade: aggredire ancora di più gli avversari per sporcare la loro stessa transizione positiva, oppure rinculare all’indietro. Ecco, il Napoli non riesce a capire bene quale strada prendere. O meglio: non ne prende nessuna, non ha il coraggio di rilanciare, di scommettere sulle proprie ambizioni, ma allo stesso tempo a volte fa fatica a ripiegare velocemente.

In attacco

Il tecnico calabrese aveva, ha e avrà l’ambizione di aggredire alto in fase difensiva e di attaccare con molti uomini, ha raccontato e mostrato più volte in campo che queste sono le sue idee. Che questi sono i suoi obiettivi tattici. Il Napoli, però, è una squadra che sembra difendere meglio rimanendo più compatta, allungando il giusto lo spazio dietro la difesa, piuttosto che aggredendo sempre il campo. In questo senso, non è un caso che (tutti) i grandi risultati del Napoli di Gattuso siano arrivati al termine di grandi prestazioni puramente difensive. Per non dire speculative.

Ieri sera, contro la Lazio, la vittoria si è materializzata perché la fase offensiva ha funzionato bene. E questa può sembrare una frase scontata, ma non lo è: come scritto anche dopo la gara di Milano contro l’Inter, il Napoli ha bisogno che l’attacco funzioni per difendere bene. E viceversa. A cavallo tra l’inizio e la fine del lockdown, Gattuso aveva trovato un equilibrio fondato sulla compattezza difensiva, e infatti il Napoli è riuscito a vincere – o comunque a non perdere – contro squadre di livello simile o anche più alto. Quando l’ex allenatore del Milan ha forzato un po’ la mano, in chiave offensiva ma anche difensiva, tentando di rendere più aggressivo il Napoli, i risultati sono stati un po’ più deludenti.

Il gol è di Fabián Ruiz, ma in realtà è stato costruito dai movimenti e dai tocchi di Dries Mertens

Su questo andamento altalenante ha inciso il problema in transizione di cui abbiamo scritto sopra, che si è manifestato in tutte le partite in cui il Napoli non è riuscito a essere vario e pungente in avanti. Contro la Lazio, come detto, sono arrivati dei segnali positivi in questo senso. Lo dicono i numeri: il Napoli ha costruito molte più occasioni rispetto alla squadra di Inzaghi (6 tiri in porta contro 3, 12 conclusioni su azioni manovrate contro 3), ha tenuto palla per più tempo (56% contro 44%) e in maniera più pulita (90% di precisione dei passaggi contro 85%).

Dal punto di vista tattico, questa superiorità si è espressa soprattutto attraverso i movimenti di Dries Mertens. Ieri sera il belga era particolarmente ispirato, soprattutto quando arretrava verso il centrocampo per giocare il pallone e organizzare la manovra offensiva, scambiandosi la posizione con i suoi compagni. È successo in occasione del gol di Fabián Ruiz, come si vede sopra, ma è stata una dinamica ricorrente nel corso della gara.

Nel frame in alto, il Napoli ha una disposizione offensiva particolare: Insigne opera da terzino sinistro più che da laterale offensivo, con Mertens più avanzato di lui su quella corsia; il posto del belga al centro dell’attacco è preso da Zielinski; mentre Lobotka porta palla, Callejón è strettissimo al centro mentre Fabián Ruiz si sta sovrapponendo esternamente. Nel campetto sopra, ci sono tutti i palloni giocati da Mertens durante la gara di ieri. Un giocatore a tutto campo, o quasi.

Come detto e ripetuto più volte in questo spazio, Dries Mertens resta comunque un essere umano. Quindi un prodotto a rischio e a termine, sul breve e sul lungo periodo. Esattamente come Insigne, che infatti si è infortunato dopo una buonissima prestazione. Come lo stesso Callejón, attualmente lontano – per rendimento tecnico e fisico – dallo splendido equilibratore a tutto campo che abbiamo apprezzato nei suoi sette anni in Italia. Il punto è che il Napoli è troppo legato alla verve e alla connessione tra questi suoi uomini offensivi. Non ha alternative, non ne ha approfondite, se non quella di portare tanti uomini in avanti per cercare di aumentare le possibilità e le intuizioni in fase d’attacco. E il rischio è quello di scoprirsi, dati i difetti (cronici, ormai si può dire) di questa squadra, e al netto di quello che succederà nella costruzione della prossima stagione, sul mercato e poi sul campo di allenamento.

È qui che volevamo arrivare: Gattuso ha proprio detto che «il Napoli, a Barcellona, deve rischiare qualcosa in più». Perché deve vincere la partita, o comunque deve segnare due gol. Non ha risultati o vantaggi da amministrare. Certo, sarebbe da visionari – per non dire da stupidi – pensare che la squadra di Gattuso possa andare in Catalogna per attaccare il Barça fin dal primo minuto, per pressare alto su tutte le loro azioni costruite da dietro. Però, come detto ampiamente, servirà qualcosa in più, o meglio di più sfrontato – o meglio ancora: più strutturato – in fase offensiva. Gattuso intendeva proprio questo, e sa benissimo che, almeno in questo momento, la sua squadra soffre proprio partite di questo tipo.

Conclusioni

L’assenza (probabile) di Insigne cambia ancora le carte in tavola, ma si tratta di un’eventualità a cui il Napoli e il suo allenatore devono (dovevano?) prepararsi. Finora Gattuso ha dato un’identità difensiva e in fase di costruzione alla squadra, poi ha cercato di ampliarla, con i risultati che abbiamo esposto in precedenza. In attacco, questo percorso è stato un po’ posposto, il tecnico calabrese si è affidato a dinamiche rodate da anni e negli anni. Probabilmente non poteva fare diversamente, ma ora deve pensare a qualcosa che possa essere alternativo ai classici spartiti.

Lo impongono il contesto, la condizione, parliamo ovviamente dell’infortunio di Insigne e dell’infortunio di Insigne in vista della gara di Barcellona – una partita già difficile di suo, perché la squadra avversaria resta tra le migliori al mondo. Ma lo richiede anche la programmazione del futuro, per il futuro. Il progetto tattico (e politico) del Napoli è stagnante da un po’, e ora non può più esserlo. Non può più permettersi di restare fermo.

Questa stagione è andata com’è andata, la sfida (ancora aperta) al Barcellona è un’occasione meritata e da affrontare con gli strumenti e le persone che sono a disposizione in questo momento. Ma non sfugga come il Napoli abbia annunciato il suo primo acquisto per l’anno che verrà. Si tratta di Osimhen, che gioca da prima punta, il ruolo più coperto in organico in questo momento – da Mertens, Milik, Llorente e Petagna. Non è un caso, non può essere un caso: evidentemente, Gattuso, Giuntoli e De Laurentiis sapevano e sanno che si deve ripartire da lì, con qualcosa di diverso, per dare un futuro al Napoli.

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