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Il Napoli di Gattuso è figlio di un compromesso

Sta costruendo una squadra idealmente a metà tra quella di Sarri e quella di Ancelotti, un po’ dogmatica e un po’ pragmatica

Il Napoli di Gattuso è figlio di un compromesso

Una vittoria di qualità

Il Napoli viene via da Verona con tre punti importanti e una nuova iniezione di fiducia e certezze. La vittoria è arrivata in maniera meritata, contro un avversario che – almeno in teoria – avrebbe dovuto creare un bel po’ di problemi alla squadra di Gattuso. È andata così, nel senso che l’Hellas ha effettivamente mostrato di avere un un’identità di gioco molto profonda, coerente con le caratteristiche dei suoi calciatori. Ma il Napoli non ha sofferto così tanto a livello tattico.

Basta consultare le statistiche della gara per rendersene conto: appena 4 tiri in porta per gli uomini di Juric in tutta la partita, più un’altra grande occasione fallita – quella del tocco di petto di Verre a porta vuota, anche se in caso di gol la posizione era da verificare al Var. Tra l’altro, 2 dei 4 tentativi nello specchio del Verona sono stati scoccati da fuori area. Di contro, la squadra di Gattuso ha segnato 2 volte e ha tirato in porta in altre 6 circostanze. E le 2 conclusioni fuori, di Insigne e Lozano nel finale, non sono andate troppo lontane dai pali difesi da Silvestri.

Cosa dicono questi numeri? Che il Napoli ha maggior qualità rispetto al Verona. E che l’ha sfruttata appieno durante il match del Bentegodi. Pur senza incantare per brillantezza degli automatismi di gioco, gli azzurri sono riusciti a disinnescare in diverse occasioni il pressing sistematico di Juric, a non farsi prendere di infilata dalle sue transizioni. Hanno dimostrato di avere gli strumenti per tenere il pallone con continuità (il dato finale del possesso dice 55% Napoli e 45% Hellas), di saperlo fare per risalire il campo come per controllare i ritmi della partita. In alcuni tratti hanno sofferto la fisicità degli avversari, ma era inevitabile. Anche perché il Verona è una squadra che, come anticipato in apertura, ha gli uomini e il gioco “migliore” per dare fastidio al Napoli. Vediamo come.

I duelli a tutto campo

Etichettare Juric come un allenatore concettualmente vicino a Gasperini, così come sostenere che il Verona sia un’Atalanta in provetta, è un’operazione fin troppo semplice. Tra i due tecnici e le loro squadre ci sono certamente delle analogie, prima tra tutte l’idea che una partita di calcio possa – anzi, debba – essere preparata come una gara a squadre di scherma. Creando, cioè, dei duelli individuali che cambiano in base alle coordinate spaziali, ma che si estendono a tutto campo. Il tutto, caratterizzato da una grande aggressività.

In situazione statica, ovvero quando il Napoli batte una punizione nel suo terzo di campo difensivo, il Verona alza tantissimo il suo baricentro. Questo non è pressing, è qualcosa di più: sono marcature a uomo portate all’esasperazione. Fuori inquadratura, in basso a sinistra, c’è Maksimovic guardato a vista da Zaccagni; tutti gli altri sono seguiti a strettissima distanza. Ospina trova Zielinski, che si abbassa tantissimo ma non può girarsi, perché tallonato da Amrabat; così il pallone torna al portiere colombiano, che lancia lungo in avanti.

I giocatori del Verona hanno seguito a uomo i loro avversari soprattutto quando i difensori del Napoli hanno iniziato l’azione da dietro. Quindi per tutta la partita, più o meno. Ma è una tendenza che è stata visibile anche in una zona di campo più avanzata, solo con dinamiche e tempi differenti. Per alzare l’intensità delle proprie marcature, squadre come il Verona aspettano che si manifesti un cosiddetto “trigger”, letteralmente un “innesco”: nel caso dei gialloblù, può essere una manovra che gli avversari iniziano da dietro, in situazione statica, oppure un retropassaggio verso i difensori dalla metà campo offensiva.

Quando si verificano queste condizioni, tutti i giocatori di Juric hanno un loro avversario diretto, assegnato loro dalla posizione del momento o di tutta la partita, che seguono e attaccano – anzi si può dire tranquillamente che lo “azzannano” a tutto campo. Tutto ciò vede bene in questo frame sotto. Per capire meglio cosa sono i “trigger”, c’è questo interessante articolo pubblicato da L’Ultimo Uomo. Noi vi anticipiamo che anche il Napoli ha dei trigger che attivano il suo pressing, e si sono visti anche a Verona. Ma ne parleremo più avanti.

In questo frame, Milik accorcia la squadra verso il centrocampo e riceve palla da Di Lorenzo; nella fase precedente dell’azione, il Napoli ha tenuto il possesso spostando il pallone dalla zona offensiva a quella difensiva; così il Verona ha alzato le sue marcature, fino a portare Kumbulla a seguire il suo avversario diretto – Milik, appunto – praticamente a metà campo. Kumbulla, in teoria, sarebbe il centrale della difesa a tre di Juric.

Il Verona utilizza questo sistema per attaccare, non per difendersi. L’idea alla base del calcio di Juric è quella di recuperare il pallone in zona avanzata di campo per poi contrattaccare velocemente, e in verticale, gli avversari. È così che l’Hellas crea le sue occasioni migliori. Nella fase attiva pura, i gialloblu sono abbastanza scolastici, e infatti il Napoli – come detto sopra – non ha mostrato grosse difficoltà difensive, non ha concesso tante occasioni da gol.

È qui che sta la differenza con l’Atalanta: oltre alla differente qualità degli uomini, il gioco di Gasperini ha anche dei meccanismi più sofisticati, Gómez e Ilicic vengono spesso cercati in isolamento, c’è tutto un sistema studiato e attuato perché possano ricevere il pallone in un certo modo; poi gli esterni si sovrappongono internamente ed esternamente, i difensori portano palla e dialogano con i mediani, insomma siamo su un altro livello. Un livello più avanzato. Inoltre, altra differenza con l’Atalanta, il Verona diventa una squadra “normale” quando gli avversari superano le prime linee di pressione: pensa soprattutto a chiudere, anzi a intasare gli spazi. Come si vede chiaramente in questo frame.

Il Napoli, attraverso il possesso, è riuscito a portarsi in massa nella metà campo del Verona. In situazioni come queste, la squadra di Juric retrocede molto, tiene solo alcune marcature a uomo, si difende come tante altre squadre di Serie A, e non solo.

Cos’ha fatto (e cos’ha in mente) Gattuso

Per venire a capo di questo rebus, Gattuso ha impostato un piano partita “misto”, fatto del solito possesso ragionato per risalire il campo, ma anche di momenti di discreta aggressività. Come anticipato in alto, anche il Napoli ha dei trigger, cioè delle situazioni che danno via al pressing. Contro il Verona, ieri, gli azzurri hanno attaccato in maniera intensa i portatori di palla non appena hanno potuto, soprattutto in situazione statica. In questo modo, la squadra di Juric è stata costretta per larghi tratti a inseguire il pallone, piuttosto che controllarlo.

Il Verona prova a tenere il possesso per diversi secondi, ma è costretto a retrocedere in difesa. A quel punto, il Napoli alza il baricentro e si ritrova in situazione di superiorità numerica nella metà campo avversaria. È evidente la disposizione 4-1-4-1 degli azzurri in fase difensiva, con Demme vertice basso a centrocampo, due mezzali, due esterni e una punta.

L’idea di Gattuso, ormai sempre più evidente, è quella di avere un Napoli a più facce, che possa decidere come giocare in base all’avversario e al momento della partita. Differentemente dal suo maestro e predecessore Ancelotti, che predicava questo tipo di approccio al calcio con pochissimi riferimenti fissi, il tecnico calabrese non vuole mai abbandonare lo strumento del possesso. E vuole adoperarlo in un certo modo. Anche contro la Juventus, l’Inter e la Lazio, in campionato e Coppa Italia, il Napoli non ha mai rinunciato preventivamente a giocare il pallone, a provare la risalita del campo attraverso una manovra ricercata, non basata su meccanismi fissi – come l’Inter di Conte, per chiarirci – ma comunque mai improvvisata. Che parta dai difensori e passa soprattutto dalle fasce.

Contro il Verona, questa volontà si sarebbe dovuta scontrare con la marcatura a uomo di Juric, ed effettivamente è andata così. Solo che Gattuso, per uscire col pallone dalla difesa in maniera pulita, ha deciso di modificare la posizione di Demme. Il centrocampista tedesco è stato più mobile rispetto al solito, ha lasciato spesso la sua zona centrale – e quindi la ricezione del pallone dai difensori – a una delle due mezzali, soprattutto a Zielinski.

In questo modo, ha raggiunto due obiettivi: liberare lo spazio di mezzo dalla presenza del suo marcatore diretto (uno dei due trequartisti del Verona) e sparigliare, almeno parzialmente, il sistema difensivo predisposto da Juric. Non a caso, il centrocampista tedesco ha toccato 56 palloni, meno di Di Lorenzo (82), Zielinski (75), e Insigne (61); inoltre, ha gravitato in una porzione di campo molto più ampia rispetto ad altre partite, come si vede nel confronto tra le heatmap sotto.

In alto, la mappa di Demme relativa a Verona-Napoli; sotto, quella relativa alla sfida con il Brescia del 21 febbraio. Due partite contro avversari di valore non troppo distante, eppure il centrocampista tedesco ha giocato e si è mosso in modo completamente diverso. La differenza nel numero dei tocchi di palla è un’ulteriore conferma del cambiamento.

Conclusioni

Ci sarebbero altri dati a supporto di questa tesi, quella per cui il Napoli che Gattuso ha in testa è un’entità calcistica varia, viene da dire completa, nel suo approccio alle (varie) partite. Contro Juventus, Inter e Barcellona abbiamo visto una squadra che si difende in maniera compatta, rimanendo bassa ma non troppo schiacciata, e che prova a ripartire a modo suo, senza buttare mai via la palla.

Contro il Verona – così come contro il Brescia, il Torino, il Cagliari, prima del lockdown – abbiamo visto un Napoli in grado di tenere un baricentro a 45 metri in fase passiva, non altissimo ma nemmeno basso come contro avversari più forti; abbiamo visto un Napoli che può permettersi di rinunciare a Callejón e di schierare un centravanti di stazza – e quindi meno propenso a lunghi rientri in fase difensiva – come Milik senza perdere equilibrio tra le due fasi; abbiamo visto un Napoli inferiore sul piano fisico rispetto all’avversario, ma così sicuro nel palleggio da mandare spesso a vuoto delle marcature ben organizzate.

Soprattutto, abbiamo visto un Napoli in grado di controllare sé stesso e i ritmi della partita, attraverso strumenti differenti. Certo, il calcio resta un gioco legato agli episodi: magari senza la rete di Milik gli azzurri avrebbero finito per sbilanciarsi un po’ in avanti alla ricerca del vantaggio, e in questo modo avrebbero agevolato il Verona. Ma resta il fatto che il Napoli è stato in grado di accelerare, decelerare, ragionare e colpire pure cambiando alcuni giocatori, e la posizione di qualche pedina. Gattuso sta costruendo pian piano una squadra idealmente a metà tra quella di Sarri e quella di Ancelotti, un po’ dogmatica e un po’ pragmatica, figlia del compromesso e di una rosa ibrida, ma molto, molto forte. Forte al punto da togliere sei punti su sei al Verona. Nella Serie A 2019/20, non c’era riuscito nessuno. Fino a ieri.

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