ilNapolista

Dai sogni scudetto di Dimaro alla disillusione di Castel di Sangro. Napoli scopre la sobrietà

Pare una vita fa, Ancelotti parlava di scudetto dal primo giorno. Per i giornali gli azzurri erano i favoriti. Oggi partiamo col realismo di chi è rientrato nei ranghi

Dai sogni scudetto di Dimaro alla disillusione di Castel di Sangro. Napoli scopre la sobrietà

Un anno fa, pare una vita fa. Non si era con i bagagli pronti per trasferirsi a un’ora e mezza di macchina scarsa, nelle seconde case della neve, a Roccaraso, per guardare con malcelato distacco il ritiro del Napoli a Castel di Sangro. Erano tutti appena scesi dalle Alpi per vincere 4-3 a Firenze, perpetuando il messaggio a reti unificate: il Napoli lotta per lo scudetto. “Se non quest’anno quando…”, ci si fomentava vicendevolmente. Ancelotti dalla Val di Sole virgolettava “fra scudetto e Champions League preferisco vincere entrambe”. Insigne confessava che il tecnico parlava di scudetto dal primo giorno di ritiro, e lo ribadiva con la sorpresa di uno che aveva passato i precedenti tre anni in una sorta di gulag di scaramanzia: certe parole erano bandite, con Sarri. Un po’ di decenza, perdinci.

Il Corriere dello Sport faceva la sua griglia delle favorite: 45% Napoli, 40% Juve, 15% Inter. Zazzaroni dava il Napoli in pole, “Ancelotti non sbaglia mai due anni di fila”. E non c’è molto da sfottere, a posteriori. Era il pensiero unico dell’evoluzione: si guardava avanti, più in alto. Era un Napoli magari gonfio all’eccesso, ma che s’illudeva di vivere il progresso costante.

E’ passato un anno solo, e siamo ai lati di un binario a guardare i treni che se ne vanno, sperando che ne passino altri, in un “trainspotting” che dal novembre 2019 s’è allungato fino a queste vigilie di ritiro inoltrato. E’ cambiato tutto, e non per colpa della pandemia. Dopo un anno guasto, è mutata la percezione del Napoli, di cosa è stato nell’ultima stagione e soprattutto di cosa sarà. I sogni di colpo sono spariti dalla notte, non ce li possiamo nemmeno più permettere. Se qualcuno – tecnico, giocatori, tifosi, giornalisti – mettesse Napoli e scudetto nella stessa frase, lo prenderebbero per matto.

E, badate, allo stato attuale la rosa è la stessa di un anno fa, quando ancora Ancelotti faceva la corte a James Rodriguez, e senza aver speso 50 milioni e passa per Osimhen. Ma il dato tecnico c’entra poco, magari era sovrastimato anche l’anno passato, o magari siamo noi che leggiamo la rosa del Napoli con l’animo malandato di troppe occasioni perdute. E’ il lessico che ha fatto un salto indietro di qualità. Facciamo i conti nostro malgrado con una sobrietà di intenti che non ci appartiene, vestiamo abiti scomodi.

Il Napoli un anno dopo l’abbuffata di miraggi, s’è scoperto friabile ed evanescente, viziato perfino: l’ammutinamento, l’insopportabile leggerezza del non-essere quel che credevamo. Siamo entrati in un realismo magico con pochissima magia: fotografiamo lo stato reale delle cose, attoniti. Intontiti, quasi. Abbiamo macinato l’ultima parte di stagione puntando tutto sul ritorno di Champions a Barcellona. E lì abbiamo smesso di raccontarci favole: abbiamo perso dando per scontato che l’avremmo fatto. “Ma loro hanno Messi” l’alibi che non ha incontrato resistenza alcuna. E quando poi il Barca ne ha presi 8 dal Bayern, il tifoso napoletano medio ha addirittura sbracato: “Meno male che abbiamo perso a Barcellona, che ‘scotoliata’ che ci siamo scansati!”. Il doppio sospiro di sollievo ci ha portato a braccetto verso questa nuova dimensione con poche ambizioni.

Gattuso è perfetto, per il momento: è credibile, è sostenibile. L’unica esternazione che pareva somigliare ad una lettera d’intenti (“il settimo posto è imbarazzante”) ha fatto in pochi mesi tutto il giro della retorica: sempre settimi siamo arrivati, ma l’imbarazzo è svanito, non ce n’è più traccia. S’è riciclato in sopravvivenza.

Se ne sono accorti pure i tifosi più attenti: sono spariti anche i papponisti. Hanno registrato l’acquisto anabolizzato di Osimhen, e hanno preso posto a margine dei binari, ad aspettare. Siamo rientrati nei ranghi, e forse con De Laurentiis non era mai davvero accaduto. E’ subentrata la disillusione. Il dibattito attuale si concentra sul colore della scritta Lete sulle prossime maglie. Sbadigliando a distanza di sicurezza.

C’è un passaggio a livello che spezza la bella statale che porta a Castel di Sangro, in tantissimi l’hanno passato senza entusiasmo. Andiamo a vedere che aria tira, mal che vada rinfreschiamo un po’, portiamo i bambini al “pratone”.

ilnapolista © riproduzione riservata