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Violento, razzista, antisportivo: eppure nel calcio c’è ancora posto per Suarez

Ha morso tre volte l’avversario, ha dato del “negro” ad Evra, ha parato sulla linea il sogno mondiale del Ghana. Avrebbe dovuto avere punizioni più severe

Violento, razzista, antisportivo: eppure nel calcio c’è ancora posto per Suarez

Nel calcio non dovrebbe esserci posto per i razzisti. Non dovrebbe esserci posto nemmeno per i violenti. Così come per chi adotta comportamenti antisportivi. Il problema è che si possono ancora ammirare le prodezze di Luis Suarez, che risponde a tutti e tre i profili.

Il decimo anniversario della parata contro il Ghana resta sicuramente il gesto più sopportabile dell’attaccante del Barcellona, specialmente perché gli africani non trasformeranno il rigore e sbaglieranno troppo anche nella serie che poi manda l’Uruguay in semifinale ai Mondiali. Qualcosa di incredibile, insomma, di cui si continuerà a parlare in eterno probabilmente. Lo ha riconosciuto anche Suarez stesso, che ha accostato il suo tocco di mano a quello di Maradona nell’edizione del 1986, la “Mano de Dios”. Peraltro, potrebbe essere l’unico al mondo ad aver chiesto all’arbitro un calcio di rigore per un mani del portiere in area, episodio accaduto l’anno scorso nella sfida tra Uruguay e Cile.

Capitolo morsi

I casi citati strappano un sorriso, gli altri decisamente no. Suarez in ben tre occasioni ha morso l’avversario. Una reazione primitiva, deprecabile, davvero folle se vista in un campo di calcio. Il primo accertato è del 2010, all’epoca giocava nell’Ajax e “assaggiò” Otman Bakkal del PSV, azzannandolo tra il collo e la spalla mentre discutevano a palla ferma e per giunta a pochi centimetri dall’arbitro. Rimediò una squalifica di 7 giornate.

In Premier League invece non furono così clementi quando riservò lo stesso trattamento a Branislav Ivanovic nella partita tra Liverpool e Chelsea: la FA lo punì con una squalifica di 10 turni. Il terzo indizio che prova il tratto patologico dell’aggressività è il morso che rifila a Giorgio Chiellini durante Italia-Uruguay dei Mondiali 2014. Purtroppo non solo l’arbitro non lo vide, ma i sudamericani poi vinceranno la sfida quando avrebbero dovuto giocarla con un uomo in meno e ci elimineranno.

Tuttavia, la FIFA decise di adottare una misura forte, ma che forse sarebbe potuto esserlo di più vista la recidiva. Suarez, che passò al Barcellona proprio dopo il torneo, fu sospeso per 4 mesi e ricevette una squalifica di nove giornate con la nazionale. Fu anche multato di 100 mila franchi svizzeri (col cambio dell’epoca 82 mila euro), costretto a lasciare il ritiro della nazionale e interdetto da qualsiasi stadio durante il torneo.

Diego Lugano, suo compagno di squadra, lo difese sui social al grido di “La legge deve essere uguale per tutti”. Ha ragione, forse un calciatore meno in vista avrebbe avuto la punizione che effettivamente meritava. Il segretario generale della FIFA, Jerome Valcke, aveva invece clinicamente colto la portata reale del problema.

Deve trovare il modo di smetterla. Dovrebbe andare in terapia. La prima volta può essere un incidente, le altre no. La punizione è stata esemplare, Suarez ha fatto qualcosa che va al di là del fair play e del comportamento che un atleta può avere durante i Mondiali.

Gli insulti razzisti

Ma il palmares dello sgranocchiatore di avversari può vantare anche un episodio di razzismo. Il 15 ottobre 2011 diede per sette volte del “negro” a Patrice Evra del Manchester United. Per poi concludere la discussione dicendo “Io con i negri non ci parlo”. Evra si stava soltanto lamentando di un’entrata a suo giudizio troppo dura. La FA fermò Suarez per otto giornate, avvisandolo in un documento di 115 pagine che se si fosse ripetuto un simile episodio le conseguenze sarebbero state di gran lunga peggiori.

Paradossale la difesa dell’uruguaiano, che sostenne che nel suo paese, in Uruguay, chiamare qualcuno “negro” non ha connotazioni dispregiative. Affermazione che naturalmente la commissione disciplinare federale respinse totalmente. Però chissà, magari se la poteva giocare così per i morsi. Dopotutto qualche tribù cannibale esiste ancora, da qualche parte.

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