È passato quasi inosservato il timore del nigeriano, affogato in mille retroscena più o meno realistici. Perché, ricordiamolo, il razzismo in Italia non esiste
Questa visita del nigeriano Osimhen a Napoli è al momento una via di mezzo tra una mossa intelligente e originale di calciomercato e una scena di un film sul pallone con Lino Banfi e Gigi e Andrea. Dipenderà dall’esito. Gira e volta, Napoli offre sempre la stessa mercanzia: sole, mare e un terzo ingrediente a scelta: mandolino, Vesuvio, putipù, sfogliatella, fate voi.
Quando Napoli, nel remotissimo 2003, arrivò a contendere a Valencia l’America’s Cup – quella vera – in fondo il comitato organizzatore vendette la stessa mercanzia, portò gli svizzeri di Alinghi al Parco della Rimembranza (pardon Virgiliano) e regalò loro l’affaccio. Gradisca. Ovviamente l’America’s Cup si disputò a Valencia. E oggi, 17 anni dopo, l’affaccio su Bagnoli regala la stessa desolazione di allora.
Francamente viene da sorridere nell’osservare la descrizione della tattica di seduzione del Napoli. Attirare il giocatore a Napoli, giocandosi la carta dello stordimento da bellezza. Da qualche parte abbiamo letto – ma sarà sicuramente una goliardata – che Gattuso avrebbe fatto affacciare Osimhen sul Golfo mostrandone le meraviglie. Scenetta che ci ha riportato alla memoria Nino Ferrer e Nino Taranto duettare in “Agata”.
In questo tripudio di estasi napoletana, è passato quasi sotto silenzio un particolare della visita di Osimhen. Il calciatore, o il suo entourage, si sarebbe detto preoccupato del razzismo negli stadi italiani. Passaggio che ha sì guadagnato qualche titolo on line, e anche su carta, ma che poi tutto sommato è stato rimosso nell’indifferenza generale.
Immaginate cosa sarebbe accaduto se Osimhen si fosse detto preoccupato per la camorra? “Al mio via, scatenate l’inferno”. Osimhen al Napoli sarebbe improvvisamente diventato un miraggio. Articolesse, dibattiti, il solito can can di posizioni ben definite che assicurano una rendita di posizione sociale.
Ma poiché ha parlato di razzismo, questo buontempone, nessuno se l’è filato. Osimhen non sa che nello sport italiano del razzismo non si è proprio parlato. Ma perché, c’è razzismo in Italia? E su. Ancora con la storia di Moise Kean, Koulibaly, Matuidi. All’estero ancora confondono i buu col razzismo (SIAMO SARCASTICI, non si sa mai). Osimhen crede che in Italia ci sia un grado di consapevolezza come in Francia o nel Regno Unito dove il dibattito – giustamente – non accenna a placarsi. A Napoli, in Italia, hanno fatto spallucce e sono passati oltre. Il razzismo? Non sappiamo cosa sia.