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Sembra Feltri ma è James Ellroy: “Amo i poliziotti violenti. Sono molto egoista, un vero americano”

Il Venerdì ha intervistato lo scrittore americano che difende l’Occidente e non ha computer telefono né tv: “l’America non è un paese razzista”. Magari solo un po’

Sembra Feltri ma è James Ellroy: “Amo i poliziotti violenti. Sono molto egoista, un vero americano”

Dice di vivere nella sua finzione, e di starci benissimo. Per cui quando parla, “non parlo dell’America di oggi”. Ma poi James Ellroy è innamorato dei poliziotti, anche e soprattutto di quelli violenti. Sono i protagonisti dei suoi romanzi da L.A. Confidential a Questa tempesta, che esce oggi in Italia. In questo periodo fare il tifoso dei poliziotti è una posizione alternativa, un po’ spiacevole. Attualissima, anche se lo scrittore si ostina a tirarsene fuori. “Sono molto egoista, un vero americano”, dice.

Il Venerdì pubblica un’intervista molto bella al grande scrittore noir, nella quale i richiami a quel pentolone bollente che sono oggi gli Stati Uniti sono continui e corrosivi. Lui ci gioca. E’ sempre quello che alle presentazioni delle sue opere le introduce come “libri per tutta la fottuta famiglia, se di cognome fate Manson”, in cui il pubblico a cui si riferisce è fatto di “guardoni, malintenzionati, pederasti, sniffatori di mutandine, teppisti e magnaccia“. Ma, a tratti, pare di leggere Vittorio Feltri. Con tutti i distinguo del caso.

Per esempio: in esergo sul libro mette la frase di Mussolini, “Solo il sangue muove le ruote della storia”. Perché? “Perché è un libro molto sanguinoso. E quando lo apri con una cosa detta dal Duce ottieni l’attenzione della gente”.

Si definisce “conservatore” e dice che i suoi valori politici “Stanno tutti nella seguente frase: la difesa dell’Occidente. Di cui anche l’Italia fa parte”.

Il razzismo, poi, che non si può dire.

Non direi che l’America è un paese razzista e non mi piace neppure il termine. Non si capisce bene cosa dovrebbe descrivere. Negli anni 40 non esisteva neppure, nell’uso comune. Se invece parliamo di malanimo nei confronti di neri, messicani, ebrei, cattolici protestanti durante la seconda guerra mondiale, di quello ce n’era parecchio. Al posto di razzismo direi rancore o odio razziale”.

Ellroy dice di vivere in un passato frutto della sua finzione: non ha pc e tv, nemmeno il cellulare. Non legge le notizie, figurarsi su internet. Quindi la domanda su Floyd è impossibile. Però si dice “sempre dalla parte dei poliziotti”. Ed è favorevole alla pena di morte:

“Anche se viene eseguita molto di rado. Certi colpevoli di omicidi turpi, assassini di poliziotti o autori di crimini sessuali, devono essere fatti fuori. Conosco l’obiezione degli errori giudiziari, ma no, è un rischio davvero molto basso”.

Il mondo è sporco, cattivo e… bello:

“Io non provo a far cambiare ai lettori il modo in cui guardano il mondo. Che per me va bene esattamente com’è. Sono felice di vendere i libri. Di fare soldi vendendoli. Sono molto egoista, un vero americano. Abbassare le tasse, quella è una cosa che mi preoccupa, e che andrebbe fatta”.

E ha un sacco di armi:

Una volta avevo una trentina tra fucili e pistole, ora solo cinque. Sono un uomo da armi. Sono oggetti belli, fichi, mi piacciono proprio”.

Vive con una fidanzata ex moglie, di 63 anni anni. Lei “sta in un altro appartamento alla fine del corridoio”. “Va lei a fare la spesa. Io resto dentro come prima. Mi alzo e comincio a lavorare”. “Scrivo a mano dei messaggi e li faxo alla mia assistente, che mi risponde sempre via fax. E poi ho una macchina per la ginnastica e una finestra alla quale affacciarmi. Ho creato un mondo di finzione che ha per protagonisti Hollywood, il Lapd, un sottomondo di umani. Che sopravviverà anche alla mia scomparsa”.

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